No, Giannis Antetokounmpo non ha fatto passi
Grandi polemiche per la presunta non chiamata su Antetokounmpo, in realtà corretta secondo l’interpretazione del regolamento. Ma non è questo il vero punto su cui concentrarsi
Giannis Antetokounmpo e i “cinque passi” contro i Knicks: lo abbiamo visto tutti, passeggiare allegramente prima di segnare, dopo una partenza dubbia (ma regolare). Una non chiamata arbitrale capace di indignare chiunque: sia chi era al palazzetto, sia chi ha recuperato gli highlights NBA sui social.
Contandoli, sono cinque i passi di Giannis prima del tiro. Un’azione che sembra andare contro ogni regola del passo zero, tanto discussa e poco amata dai fan più “vintage” del gioco.
Eppure, per quanto tutto dipenda dall’interpretazione arbitrale in tempo reale, il movimento di Antetokounmpo è legittimo secondo il regolamento NBA. Esteticamente brutto e difficile da comprendere anche dopo tre replay, ma corretto.
La chiave è il cosiddetto “gather”, ovvero il momento in cui il giocatore acquisisce il controllo del pallone. Nel caso di Giannis, ciò avviene al terzo passo, quando entrambe le mani fermano la palla. Da lì parte il passo zero, e i due successivi sono regolari: i due punti sono validi.
Il punto interessante, però, è un altro. Il pubblico (e spesso anche gli opinionisti NBA) fatica a tradurre il regolamento del gather step in ciò che vede. Il concetto di “raccolta” è vago: la NBA lo ha ridefinito nel 2019, ma lascia spazio a interpretazioni, soprattutto con giocatori dalle mani enormi come Giannis, Wembanyama o Shai Gilgeous-Alexander.
Questi atleti possono controllare la palla su un solo palmo senza apparente presa totale, rendendo visivamente ambigua la percezione dei passi. Sommando la lunghezza dei loro corpi alla velocità di esecuzione, l’infrazione appare evidente anche quando non lo è.
Allo stesso modo, il “passo zero” ha ampliato il margine per step back e side step spettacolari, spesso giudicati irregolari dai puristi ma perfettamente regolari secondo le regole NBA e FIBA.
A tutto questo si aggiunge la volontà della lega di favorire la fluidità di gioco, evitando interruzioni continue. Modificare la regola del passo zero porterebbe a contraddizioni enormi, penalizzando virate, fughe dai raddoppi e azioni spettacolari.
Il problema è che la discrezionalità arbitrale genera sfiducia nel pubblico, che percepisce incoerenza. In realtà, gli arbitri sono addestrati a riconoscere le sfumature tecniche di questi movimenti, anche se spesso non sembrano intervenire.
Da qui nascono due credi: il primo riguarda la presunta incompetenza arbitrale, il secondo l’idea che i giocatori abusino di regole poco chiare. In verità, chi sfrutta il passo zero lo fa con precisione, studio e controllo del corpo fuori dal comune.
In NBA, questi gesti “contro-logici” sono routine. Ogni notte vediamo atleti con un tasso tecnico e atletico impressionante, capaci di muoversi ai limiti del regolamento con naturalezza. In altre leghe, dove si gioca con più prudenza, quella libertà creativa semplicemente non esiste allo stesso livello.