Eurolega, che succede ai giocatori europei?

Fino a pochi anni fa i giocatori europei erano la spina dorsale delle maggiori squadre del vecchio continente, ma oggi pare non essere più così

Doncic in maglia Real Madrid

La globalizzazione sta interessando praticamente qualsiasi industria e/o settore sul nostro pianeta, e la pallacanestro non fa certo eccezione. Il totale dei giocatori americani in Eurolega è aumentato del 119% negli ultimi 20 anni a discapito di quelli considerati “locali”, che hanno visto il loro minutaggio ridursi drasticamente e che si sono ritrovati a dover lottare col coltello tra i denti per assicurarsi un posto in squadra. Ma andiamo con ordine.

Tutto è iniziato negli anni ’90 quando è stata approvata la sentenza Bosman, la quale riconosceva tutti i giocatori europei come “non stranieri” all’interno delle varie leghe continentali e che, di conseguenza, ha spalancato le porte all’arrivo nel vecchio continente di atleti provenienti dai quattro angoli del globo. Chiaramente per una fucina di talenti come gli Stati Uniti, l’Europa, e soprattutto l’Eurolega, sono diventate le mete privilegiate per tutti coloro i quali non riuscivano a trovare sufficienti spazi in NBA e nelle campionati minori.

Dall’altra parte dell’oceano invece, le giovani star europee, attratte dalla fama delle leghe americane e da incredibili possibilità di guadagno, hanno trovato ancora più motivazioni per provare a volare nel nuovo mondo e ad accasarsi in club in grado di ricompensare appieno le loro capacità.

Questo incredibile scambio di giocatori tra i due continenti non ha di certo favorito tutti quei ragazzi che invece, per vari motivi, hanno deciso di non muoversi dai paesi di origine e che, purtroppo, si sono visti pian piano mettere da parte. Basti pensare che negli ultimi 3 anni i giocatori locali hanno passato sul parquet appena il 30% dell’intero minutaggio stagionale (14% in meno rispetto ai primi 5 anni di Eurolega). Anche in nazioni tradizionalmente considerate vere e proprie “culle” della palla a spicchi (Serbia e Lituania per esempio), questo calo è stato quanto mai vistoso.

Paradossalmente, la pandemia globale che sta affliggendo l’intero pianeta, potrebbe agevolare una sorta di ritorno alle origini del basket europeo. Budget ridotti, difficoltà a spostarsi e volontà di rimanere vicino ai propri cari potrebbero essere tutti incentivi per i vari club europei (soprattutto i meno abbienti) a decidere di concedere maggiore spazio ai talenti nazionali rispetto a giocatori provenienti dall’estero. Non è un caso infatti che, dopo anni di caduta quasi verticale, l’impiego dei giocatori “domestici” sia tornato a salire proprio dal 2020 in poi.

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