Mavs, non basta un super Dinwiddie contro gli Wizards

Tanto Dinwiddie ma poco Doncic: seconda sconfitta consecutiva per i Mavs

Spencer Dinwiddie durante un'intervista

Seconda sconfitta consecutiva per i Dallas Mavericks, stavolta in quel di Washington, che manda qualche segnale sui problemi che questa squadra rischia di dover affrontare nel corso della stagione.

La questione principale riguarda la figura del leader assoluto della squadra, Luka Doncic; lo sloveno è apparso appannato, sulla scia di quanto visto contro Orlando: contro gli Wizards, di un Kuzma in formato MVP, è arrivata la seconda prestazione sotto-media di fila (posto che una partita da 22 punti, 9 rimbalzi e 6 assist sia criticabile…) e, guarda caso, Dallas si è spenta.

Non è bastata neanche la super partita dell’ex di serata Spencer Dinwiddie, che ha messo a referto 33 punti e 6 assist, giocando con percentuali e un’efficienza clamorose: l’ex-Wizards ha già dimostrato di avere i colpi per calare prestazioni di questo livello, ma purtroppo la continuità è sempre stata un’utopia per lui.

Tra l’altro era ancora fuori il grande acquisto del mercato estivo, Christian Wood, che sta faticando molto a lasciarsi alle spalle qualche problema fisico.

Qui arriviamo alla questione principale: considerando che né Wood né Dinwiddie sono vere stelle o garantiscono affidabilità, basterà il solo Doncic per puntare al titolo?

La stagione scorsa suggerisce di no, perché nonostante i 35 punti e una quasi Tripla Doppia di media nei playoff, i Mavs sono usciti a testa bassa contro una squadra, i Golden State Warriors, che oltre a Steph Curry può contare su stelle come Wiggins, Poole e Klay Thompson.
In quel caso, l’MVP della serie non era stato il 30, bensì dell’altro All-Star Andrew Wiggins, capace di prendersi la scena nel momento del bisogno.

A Dallas questa componente manca: la dirigenza ha fatto all-in su Doncic, eliminando gli altri protagonisti che aveva, nello specifico Kristaps Porzingis (tra l’altro assente nel ritorno contro gli ex-compagni per infortunio) e soprattutto il giovane Jalen Brunson, che a New York sta dimostrando tutto il suo valore, lasciato partire, non senza polemiche, in scadenza di contratto.

In una lega in cui un trio fenomenale del calibro di LeBron-Westbrook-Davis (o volendo Durant-Irving-Harden) basta ad essere contender, sembra forse troppo azzardato sperare che un solo giocatore, neanche se il più dominante di tutti (vedi Giannis senza Middleton l’anno scorso…), trascini al titolo una squadra con la competitività del livello NBA.

Comunque sono passate solo 11 partite, due sconfitte contro Orlando e Washington sono brutte ma dimenticabili e parlare in ottica di titolo ha poco senso per il momento, oltre al fatto che la dirigenza ha tutto il tempo necessario per fare le sue valutazioni.

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