NBA Draft, le 10 migliori Steal dal 2011 al 2019

Dopo il Draft NBA appena passato, ripercorriamo quelle che sono state le migliori steal degli ultimi dieci anni

Butler in finale con gli Heat

Terza ed ultima parte delle Steal of the Draft, dedicata a quei giocatori che nell’immediato passato hanno scalato le gerarchie e sono sopravvissuti a trade e scambi per inserirsi di diritto nei top della lega: All Stars, vincitori di premi individuali, campioni NBA. Sono i nomi per le future generazioni, ed ecco a voi i migliori dieci nomi presi dopo la ventesima scelta dal 2011 ad oggi.

Scopriamo le migliori Steal of the Draft di ogni decade:


Classifica migliori Steal of the Draft 2011-2019

10. Spencer Dinwiddie

NBA Draft 2014, scelta n. 38. Scelto dai Pistons, poi girato alla squadra di D-League della città, i Grand Rapids Drive, Spencer non vede un lancio sicuro nell’NBA. A dargli fiducia sono però i Brooklyn Nets nel 2016, dove Dinwiddie trova un ruolo di sesto uomo di lusso dal quale può esprimere tutto il suo talento offensivo.

Diventa il giocatore dei Nets con più partite da almeno venti punti e detiene il record di franchigia di punti in uscita dalla panchina. Quest’anno all’infortunio di Irving si è visto affidare le chiavi della squadra, con cui ha disputato un’ottima stagione. Non sarà ancora al livello dei suoi colleghi All Star ma di sicuro non è più un giocatore da sottovalutare.

9. Isaiah Thomas

NBA Draft 2011, scelta n. 60. IT è stato l’ultima scelta assoluta prima degli undrafted nel 2011, preso dai Sacramento Kings. Entra in quintetto dopo metà stagione e arriva settimo nella corsa al Rookie of The Year, entrando comunque nella seconda squadra delle matricole. Breve tappa a Phoenix dopo l’avventura in California e si arriva a Boston, dove lascia la sua impronta più profonda, arrivando a diventare uomo franchigia di una squadra in fase di ricostruzione.

Memorabile la sua prestazione nei Playoff 2017 contro Washington in cui segna 53 punti (con cui si aggiudica il record di franchigia come unico a fare 50 punti nella stessa stagione in regular e nei playoff) la sera dopo aver saputo della morte della sorella. Un’impresa che rimane nel cuore di ogni tifoso, indipendentemente dalla maglia.

Dalla partenza da Boston non troverà più un equilibrio: Cleveland, Lakers, Denver e Washington non riescono a farlo tornare ai suoi livelli e ad oggi è free agent, ma il contributo di IT fino all’ultima parte della sua carriera è stato di altissimo valore.

8. Malcolm Brogdon

NBA Draft 2016, scelta n. 38. Viene preso al secondo giro dai Milwaukee Bucks e nel giro di pochissimo fa vedere di cosa è capace. Al termine della stagione verrà addirittura premiato come Rookie dell’Anno, alternandosi tra quintetto titolare e panchina, diventando la prima matricola della sua classe a realizzare una tripla doppia dopo appena tre mesi di gioco.

Nello scorso mercato viene scambiato ai Pacers, vista la necessità di occupare il posto di play titolare vista l’assenza di Vic Oladipo: i risultati di Brogdon con in mano il gioco di una squadra sono eccellenti, Indiana si classifica senza problemi eccessivi per i Playoff, davanti perfino ai 76ers forti sulla carta di un roster superiore. Al ritorno di Oladipo ha comunque offerto un contributo sostanziale alla causa dei Pacers e vedremo se alla ripresa proseguirà sull’ottima falsa riga tracciata prima dell’eliminazione ai Playoff.

7. Clint Capela

NBA Draft 2014, scelta n. 2. Il gigante svizzero viene preso dai Rockets e girato in D-League, avendo trovato poco spazio per la presenza di Dwight Howard come centro titolare. La seconda stagione lo vede emergere e dalla terza diventa titolare della squadra: da lì in avanti il pitturato è tutto suo. Da centro vecchia scuola accumula una serie eccellente di doppie doppie, diventando il più giovane della franchigia ad ottenerne una da 20 punti e 20 rimbalzi dai tempi di Olajuwon.

Chiuderà le ultime stagioni ai Rockets in doppia doppia di media con solidissime percentuali dal campo. A gennaio di quest’anno arriva la trade che lo porta agli Atlanta Hawks, dopo la scelta di D’Antoni di privilegiare un quintetto piccolo. Non ha ancora giocato una singola partita con la nuova maglia ma i tifosi della franchigia della Georgia si sfregano già le mani immaginando il trio che potrà creare con Trae Young e John Collins.

6. Khris Middleton

NBA Draft 2012, scelta n. 39. Anche lui scelto dai Pistons e anche lui girato in D-League. Viene però ceduto nella finestra di mercato 2013 ai Bucks da cui parte la scalata verso la prima convocazione all’All Star Game del 2019, dopo aver consolidato il ruolo di secondo violino in una squadra dominata da un greco di discrete qualità individuali.

Il suo talento lo fa notare come uno dei migliori 3-and-D della lega attuale, forte di ottime percentuali dall’arco e di una solida difesa, sfiorando di poco l’ingresso nel club dei 50-40-90. Quest’anno è arrivata la seconda convocazione consecutiva alla Gara delle Stelle e Milwaukee è sempre sulla carta una delle serissime contenders al titolo NBA. Se arrivasse l’anello sarebbe una perfetta ciliegina sulla torta di un curriculum da outsider come il suo.

5. Rudy Gobert

Draft 2013, scelta n. 27. The Stifle Tower è stato scelto ai margini del primo giro dai Denver Nuggets per essere immediatamente scambiato agli Utah Jazz, di cui è centro titolare tutt’ora. Oltre alla fresca convocazione per l’All Star Game 2020, in cui ha messo a referto ottimi numeri in doppia doppia, Gobert vanta un pedigree difensivo di tutto rispetto, che lo colloca di diritto tra i top di categoria della lega odierna: miglior stoppatore del 2017, due volte consecutive difensore dell’anno, tre volte nel primo quintetto All Defensive.

Le sue prestazioni sotto i tabelloni, insieme ad un’ulteriore maturazione offensiva di Mitchell, hanno garantito a Utah il quarto posto in classifica e il vantaggio casalingo in vista dei Playoff di quest’anno. Le tensioni coi compagni dovute alle sue recenti vicissitudini col Covid sembrano superate, e Utah si prepara ad essere nuovamente una mina vagante nel prossimo campionato.

4. Pascal Siakam

Draft 2016, scelta n. 27. Arrivato a Toronto con la scelta numero 27, disputa la prima parte del campionato da titolare prima di perdere il posto in favore di Patterson e Ibaka. Visto lo scarso utilizzo viene girato alla squadra di G-League dei Raptors, con cui vince il campionato diventando MVP delle Finals. Di ritorno in prima squadra il suo gioco continua a crescere, fino alla trionfale stagione 2018-19 nella quale si aggiudica il premio di Most Improved Player e il suo primo titolo NBA, nonché primo titolo della franchigia.

Le sue prestazioni nel corso dei Playoff lo mettono in luce agli occhi del grande pubblico e la partenza di Leonard lo innalza al livello di Kyle Lowry come uomo franchigia, guadagnandosi anche la sua prima convocazione all’All Star Game 2020. La partenza di Kawhi dà spazio definitivo alla maturazione cestistica del ragazzo del Camerun, che porta insieme ai compagni i Raptors al secondo post nella Eastern, macinando numeri persino migliori rispetto allo scorso anno, individualmente e come team.

3. Nikola Jokic

Draft 2014, scelta n. 41. I Denver Nuggets ci hanno visto lungo con lui: dietro i 2,13 m e 113 kg di Joker hanno visto un talento cristallino e mani educatissime. Le ultime stagioni sono state caratterizzate da scetticismo dovuto al suo stato di (fuori) forma, dovuto all’eccesso di peso.

Ciononostante, grazie a prestazioni fenomenali, Nikola si è garantito un posto nell’élite della lega a suon di triple doppie, tra cui la più veloce di sempre in 13 minuti e la seconda tripla doppia della storia con il 100% al tiro (il primo è stato un certo Wilt Chamberlain). Due volte All Star negli ultimi due anni, ha guidato i Nuggets insieme a Jamal Murray fino alle finali di Conference dopo aver eliminato Jazz e Clippers ribaltando per due volte di fila un 3 a 1 di svantaggio.

2. Jimmy Butler

Draft 2011, scelta n. 30. I Chicago Bulls utilizzano la loro ultima scelta al primo giro del 2011 per selezionare il prodotto di Marquette University: si troveranno per le mani un giocatore totale, asso della difesa e attaccante di alto livello. Jimmy si porterà a casa il Most Improved Player del 2015, anno in cui ottiene la prima delle cinque convocazioni all’All Star Game.

La breve parentesi a Minnesota gli apre le porte dei Sixers, con i quali raggiunge le semifinali di Conference contro i Raptors, in cui ha modo di mostrare tutta la sua leadership e il suo carisma da trascinatore. Quest’anno ha portato i suoi talenti a South Beach, con cui ha sorpreso il mondo conquistando l’Est e raggiungendo le Finals. Integrantosi perfettamente nel gioco studiato da Spoelstra, è stato il trascinatore assoluto nelle due vittorie contro i Lakers, in cui ha siglato due triple doppie, di cui una addirittura da 40 punti.

1. Draymond Green

Draft 2012, scelta n. 35. Il primo posto non può che essere il suo: elemento chiave degli Warriors delle meraviglie degli ultimi anni, con cui si è aggiudicato tre campionati, porta in campo non le stesse qualità tecniche dei suoi illustri colleghi Curry e Thompson ma una grinta senza pari e una ferocia difensiva di prim’ordine.

Miglior difensore della lega nel 2017, tre volte All Star e cinque volte All Defensive Team, ha rischiato di inserirsi nell’esclusivo club delle quadruple doppie che ha mancato solo per l’assenza dei punti, rimanendo però nella storia come il primo giocatore a totalizzare una tripla doppia senza aver messo a referto 10 punti.

Quest’anno la fatica per le assenze di Steph e Klay per via degli infortuni, la partenza di Durant e la volontà di ricostruzione di Golden State hanno suscitato dei dubbi sul suo ruolo di trascinatore della squadra ma siamo sicuri che il prossimo anno, con gli Warriors a pieno regime, l’Orso Ballerino tornerà al suo solito livello.

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