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Perché i Milwaukee Bucks non sono una contender

Nonostante la presenza di Giannis Antetokounmpo e Damian Lillard, al momento i Bucks non possono essere considerati una contender

L’approdo di Damian Lillard e la firma di Adrian Griffin sulla panchina rimasta scoperta dopo l’esonero di Budenholzer sembravano ottimi passi da parte della dirigenza, in direzione di una squadra che voleva rinnovarsi; sempre – ovviamente – attorno a Giannis Antetokounmpo.

Il duo Lillard-Giannis sarebbe dovuto diventare inarrestabile per qualsiasi difesa e il cambio in panchina avrebbe donato nuova linfa ad un gruppo che aveva salutato diversi interpreti cruciali.

Ma così, almeno finora, non è stato. Anzi: le mosse del front office sembrano aver accelerato l’inesorabile regressione dei Bucks in modo esiziale.

Nonostante il record positivo (47-31) Milwaukee – al momento – non è una seria contender per il Titolo. I problemi sono tanti, troppi per una squadra che vuole arrivare fino in fondo, molte volte trascurati e mascherati dalle prestazioni dei singoli.

Brook Lopez

L’ingresso in NBA di Victor Wembanyama ha segnato decisamente un cambio di paradigma nel ruolo del centro. Paradigma che non include di certo giocatori come Brook Lopez.

Lento, macchinoso, non in grado di difendere sul perimetro e pessimo in penetrazione nonostante l’altezza. La sua capacità di tirare da tre lo ha reso un compagno quasi perfetto da affiancare a Giannis come stretch five nel corso delle ultime stagioni, ma quest’anno sembra davvero un pesce for d’acqua.

La causa è da ricercare principalmente nella partenza di Jrue Holiday: la presenza di un difensore perimetrale di quel livello consentiva a Lopez di giocare spesso le situazioni di pick-n-roll in drop coverage. Rimanendo in area non veniva, così, esposto alla rapidità degli esterni avversari, evitando anche rotazioni difensive difficili per uno con la sua mobilità.

La sublime difesa di Holiday ha permesso ai Bucks di mantenere in squadra un 5 decisamente obsoleto per diverse stagioni. Problema che è venuto a galla proprio quest’anno con l’arrivo di Damian Lillard. Passare dalla coppia Holiday-Allen a quella Lillard-Beasley è stato incredibilmente negativo sia per Lopez che per tutto l’ecosistema difensivo di Milwaukee, codificato e perfezionato nelle ultime 3 stagioni da Mike Budenholzer.

I problemi difensivi che attanagliano i Bucks da inizio stagione nascono quasi esclusivamente dalla netta incompatibilità tra il drop coverage di Lopez (in situazioni di pick-n-roll) e la bassa qualità di difesa perimetrale.

Milwaukee ha assolutamente bisogno di una rivoluzione ma i 23 milioni di dollari che percepirà Lopez il prossimo anno lo rendono praticamente inamovibile.

Il ruolo di Doc Rivers

Tra 20 o 30 anni la coppia Lillard-Giannis sarà considerata come una delle migliori di sempre (soprattutto per quanto riguarda il valore dei singoli giocatori). Al momento, però, più che una felice convivenza sembrerebbe trattarsi di una triste e abbastanza inspiegabile non-vivenza.

È vero, hanno bisogno di tempo per maturare la loro intesa e già ora le statistiche del loro pick-n-roll fanno paura (1.23 punti per possesso, terzo dato in NBA tra le coppie), ma sembra davvero che ognuno dei due riesca ad esprimersi meglio quando l’altro non è in campo.

Nelle 5 partite giocate da Lillard senza Giannis in questa stagione le sue medie sono: 32.3 punti e 8.3 assist. Decisamente meglio rispetto ai 23.8 punti e 6.9 assist che registra con lui in campo.

Dame non ha mai giocato con un giocatore del calibro di Giannis e il fatto di iniziare le azioni offensive senza il pallone in mano lo spinge spesso ai margini di un attacco che in realtà dovrebbe partire da lui. A cosa serve avere Lillard in squadra se lo tieni fermo in angolo quando attacchi?

Stesso discorso per Giannis, che negli ultimi anni è stata praticamente la point forward di Milwaukee. Anche lui senza Lillard in campo sembra tornare quello delle scorse stagioni: totalmente consapevole del suo ruolo di leader e più libero di attaccare quando e come vuole, senza pensare troppo.

L’impressione è che tutti e due abbiano le idee chiare sui loro compiti offensivi quando sono loro a guidare la squadra in attacco, molto meno, invece, quando devono condividere il pallone. L’attacco dei Bucks finisce troppo spesso per essere lento e stagnante e il pick-n-roll tra i due non è ancora un’arma utilizzata con molta frequenza da Doc Rivers, che in realtà – da quando è lì – non sembra aver cambiato di una virgola la squadra.

Fase offensiva

Basta vedere qualche spezzone di partita di Milwaukee per capire che l’attacco ha evidenti problemi: giocatori fermi, pochi tagli e troppi consegnati inutili. Un attacco che vive quasi esclusivamente di isolamenti di solito non ha molte speranze nella post-season.

Brook Lopez non è di certo conosciuto per le sue qualità da roll-man (1.20 punti per possesso, il 39% della NBA fa meglio di lui in quelle situazioni) e la partnership con Lillard – che avrebbe invece bisogno di un centro molto più dinamico e capace di portare blocchi alti a 9-10 metri dal canestro – non sta decisamente funzionando.

Nonostante ciò, il dato forse più preoccupante per l’attacco dei Bucks arriva dalla voce “penetrazioni”.

Penetrazioni a partitaPercentuale al ferro
Giannis15.261.0%
Lillard13.052.2%
Middleton6.450.0%
Beverley4.339.5%
Connaughton2.351.2%
Beasley2.248.1%
Portis2.050.5%
Lopez1.655.4%
Crowder0.848.1%

Oltre a Giannis e Lillard la situazione offensiva di Milwaukee è abbastanza preoccupante. Senza loro due in campo l’attacco dei Bucks diventa una vera e propria gara al tiro da tre (e gli avversari lo sanno bene).

La totale incapacità o bassa predisposizione nell’attaccare il ferro è un enorme problema per una fase offensiva che, come abbiamo già detto, finisce troppo spesso per essere statica e senza reali soluzioni.

First round exit?

Le ultime pericolose debacle contro Washington, Memphis e Toronto sembrano aver riacceso tutte le spie rosse sul ponte di comando, ma la verità è che i problemi di questa squadra sono sempre stati evidenti e sotto gli occhi di tutti durante tutta la stagione.

Milwaukee ora rischia addirittura di terminare la regular season sotto il secondo posto: la distanza tra la squadra di Rivers e i Pacers (in sesta posizione) è di sole 2.5 partite. E il calendario di certo non li aiuta: da qui alla fine dovranno sfidare i Celtics, i Thunder e i Magic ben due volte.

In una conference dove sia Embiid che Jimmy Butler si giocheranno l’accesso alla post-season ai Play-In non esiste una posizione in cui è meglio terminare la stagione. L’unico vero obiettivo sarà quello di chiudere almeno in terza posizione, in modo tale da evitare Boston in una eventuale Semifinale di Conference.

Manca davvero poco all’inizio dei Playoff e ai Bucks servirà davvero un miracolo per arrivare fino in fondo, soprattutto se al primo turno dovessero incontrare nuovamente Jimmy Butler e i suoi scagnozzi.

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