Celtics, a immagine e somiglianza di Tatum

La personalità di Jayson Tatum condiziona fortemente le tendenze caratteriali dei suoi Celtics, non sempre in modo positivo

Jayson-Tatum

I giocatori-franchigia, si sa, sono fatti per tracciare la strada che un’intera organizzazione deve percorrere: inevitabilmente, giocatori del calibro di Nikola Jokic, Steph Curry e Luka Doncic, plasmano la squadra in cui giocano da molti anni su di sé, per renderla un ambiente più funzionale e, possibilmente, vincente.

Così è andata anche nel Massachusetts, a Boston per la precisione, dove Jayson Tatum ha assunto sempre di più le sembianze del leader maximo, con effetti evidenti su tutti i compagni.

JT è un giocatore meraviglioso, uno che appartiene alla stessa categoria dei Durant e dei Paul George, quella delle opere d’arte prestate al parquet: alto, forte, ma tecnicamente sopraffino, con un’eleganza a tratti impareggiabile.

Detta così, Tatum sembra il classico “ragazzo da sposare”, quello che ogni dirigenza vorrebbe per guidare un intero movimento per anni e anni.

Eppure il numero 0 ha un difettuccio che proprio non riesce a scrollarsi di dosso: ogni tanto gli capita di smaterializzarsi, finendo per sparire dal campo; il problema è che questo non capita una tantum nella proverbiale “giornata storta”, ma avviene ad ogni sua partita, in cui Tatum puntualmente segna punti a grappoli per un certo periodo e poi non vede più il canestro per almeno altrettanto tempo.

Ciò gli garantisce comunque medie statistiche invidiabili e un record complessivo di squadra inarrivabile per tutte le altre: lui è nella top 10 per punti segnati e Boston è indubbiamente la miglior squadra di questa regular season. D’altronde va sottolineato anche che per trovare un roster forte e completo come questo bisogna tornare probabilmente al biennio di Durant a Golden State.

Se però vi capita di guardare una partita qualunque dei Celtics, noterete subito come, sebbene ci siano le potenzialità per segnare 40 punti a quarto (e ci sono quarti in cui effettivamente capita), la squadra si concede spesso e volentieri delle pause in cui nessuno riesce a segnare, la difesa si inceppa (15esimi per efficienza difensiva nelle ultime 10 partite giocate) e consequenzialmente arrivano i parziali degli avversari. Vi ricorda qualcosa?

Se ripensiamo a quanto detto su Tatum, notiamo subito una certa coincidenza; inoltre, le recenti sconfitte arrivate contro Cavs e Hawks hanno riacceso un campanello d’allarme che sembrava ormai superato: prima di queste serate, l’enorme talento a roster aveva sopperito alle mancanze momentanee di JT, tanto che coach Mazzulla ha paragonato il suo gruppo allo Spiderverse concepito dalla Marvel, in cui ognuno contribuisce a suo modo, andando magari a colmare qualche lacuna dei compagni.

Eppure capita (e capiterà in maniera ancora più accentuata ai Playoffs, come negli scorsi anni), che neanche due fenomeni della fase offensiva come Porzingis e Brown riescano a tenere in piedi la squadra nei momenti chiave, andando ad inceppare quella che sembra a tutti gli effetti una macchina perfetta.

Nelle già citate serate contro Cavs e Hawks, Boston ha sprecato un vantaggio di oltre 20 punti nel quarto quarto, con Tatum ad accompagnare malinconicamente il calo dei suoi. Niente di troppo grave per i canoni della regular season, ma, conoscendo le brutte abitudini dei Celtics e il loro leader in post season, questo discorso verrà inevitabilmente riproposto tra qualche settimana.

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