NBA Paris Games 2025: un sogno che diventa realtà
Grazie al nostro Tommaso Olivari, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a uno degli eventi più entusiasmanti della stagione NBA: i Paris Games 2025, con protagonista Victor Wembanyama

Parigi si riconferma capitale europea della pallacanestro dopo aver ospitato le fasi finali delle Olimpiadi di basket. Ho avuto la fortuna di assistere dal vivo a una delle due sfide in programma all’Accor Arena tra gli Indiana Pacers e i San Antonio Spurs.
Atterrato a Parigi il 25, proprio nel giorno dell’ultimo match, mi sono diretto subito con i miei fantastici compagni d’avventura all’NBA Store per incontrare Boris Diaw.
All’arrivo siamo stati accolti da un’infinità di canotte, un vero paradiso per ogni appassionato. Al primo piano, poi, ci attendeva la leggenda degli Spurs. Abbiamo scambiato due parole con lui, scoprendo una persona di una disponibilità unica.
Dopo il consueto momento foto, gli addetti della NBA ci hanno chiesto un pronostico sul possibile risultato dell’incontro. Senza pensarci troppo, mi sono sbilanciato sul back-to-back degli Spurs, dimostrando ancora una volta che i pronostici non sono proprio il mio forte… il punteggio finale? 136-98.
Per proseguire il nostro viaggio verso l’Accor Arena, abbiamo fatto tappa alla NBA House per ammirare dal vivo il Larry O’Brien Trophy. La lunghissima coda non ci ha scoraggiati (circa un’ora di attesa) e, grazie all’Hoopbus e all’energia delle persone intorno a noi, il tempo è volato.
Varcata la soglia della NBA House, ci siamo trovati davanti a lui, il Larry O’Brien Trophy. Il trofeo ci ha accolti dall’alto della sua magnificenza, cancellando in un istante il ricordo della lunga attesa. Carichi a molla, siamo corsi in direzione Accor Arena, ma prima ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con due persone fantastiche, Tommaso Marino e Nicolas Cariglia.
Arrivati all’arena, la mia ossessione per la puntualità ci ha premiati: eravamo tra i primi a entrare. Dalle 16 alle 18, non riuscivo a distogliere lo sguardo da ogni giocatore che calpestava il parquet per il riscaldamento.
Il primo ad accoglierci è stato Stephon Castle, uno dei miei giocatori preferiti sin dai tempi di UConn. Poi sono arrivati Tyrese Haliburton, Pascal Siakam, Turner e tutti gli altri. Il vero boato del pubblico, però, è esploso intorno alle 17:20, quando sul parquet si è presentato il padrone di casa: Victor Wembanyama.
Gli inni nazionali e le presentazioni dei giocatori hanno acceso definitivamente l’entusiasmo, facendo esplodere me, i miei amici e tutto il palazzetto. I decibel? Quasi ai livelli dell’Arrowhead Stadium dei Kansas City Chiefs.
La palla a due mi ha emozionato fino quasi alle lacrime. Dopo più di tre anni, ero di nuovo a vedere una partita NBA dal vivo. Quelle prime azioni mi hanno ricordato, ancora una volta, perché il basket è il mio grande amore e, dal mio modestissimo punto di vista, lo sport più bello del mondo.
Della gara, in realtà, c’è poco da dire. Andrew Nembhard, un giocatore che amo alla follia, mi ha regalato una prestazione fantastica, sorprendendomi sotto ogni aspetto. Chris Paul ha completamente svegliato gli Spurs nel momento del bisogno, dimostrando ancora una volta, per la millesima volta, di essere un fuoriclasse senza tempo.
E che dire dei due protagonisti più attesi? Haliburton ha letteralmente spaccato la partita, regalando alla mia fidanzata – ormai sua grande fan dopo questa serata – un sorriso gigantesco stampato sul volto. Quanto a Victor Wembanyama, escludendo i primi due quarti, la sua prova è stata sottotono rispetto alla gara precedente. Ma poco importa: il talento del francese, che avevo già avuto modo di ammirare, è fuori da ogni logica e sarà destinato a dominare la NBA per i prossimi 15 anni.
Al fischio finale, un velo di tristezza ha avvolto i miei pensieri. Ma forse è proprio questo a rendere la NBA così magica: il fatto di non averla sempre a portata di mano rende ogni occasione speciale, un’esperienza unica e fuori dal comune.
Le emozioni che mi ha dato questo viaggio non possono essere scritte in un freddo documento di Word. Per raccontarle davvero, dovrei farvi entrare nel mio cuore, farvi vedere le facce dei miei amici – abituati a ben altri tipi di competizioni – ma, sfortunatamente, ciò non è possibile.
Il giorno seguente, il 26 gennaio, come ogni vigilia del mio compleanno, i miei pensieri sono andati a lui, a Kobe Bryant. E questa esperienza fantastica mi ha spinto a prendere una decisione: da oggi, Kobe farà per sempre parte della mia collezione di canotte, un modo per omaggiarlo e ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto per il basket.
Poter vivere eventi del genere, poter scrivere di basket – sia qua su Dunkest per l’NBA, sia su altre testate per il basket italiano – è ciò che ha cambiato la mia vita negli ultimi due anni. Grazie alla mia passione, ho conosciuto persone straordinarie, amici e colleghi con cui condivido il mio percorso. E tutto questo lo devo alla pallacanestro, la mia migliore amica. Da sempre e per sempre.