Kevin Durant: “Le statistiche hanno screditato il mid-range”
Durant difende il tiro dalla media distanza, marchio di fabbrica dei grandi del passato, screditato dalle statistiche e dai social
Kevin Durant non è mai stato un giocatore banale. Sul parquet segna come pochi altri nella storia, ma anche fuori dal campo sa colpire con parole che fanno discutere. L’ultimo esempio è arrivato su X, quando un tifoso gli ha chiesto perché il tiro dalla media distanza non abbia più il rispetto di una volta nell’NBA.
La risposta è stata una stilettata, come spesso KD tende a esprimersi sui social. Senza mezzi giri di parole:
Perché l’analitica ha screditato il mid-rango e la gente legge i numeri per sentirsi superiore agli altri
Kevin Durant
In una frase, Durant ha riaperto una delle battaglie più polarizzanti del basket moderno: quella tra il fascino dell’occhio e la freddezza dei dati. L’evoluzione del gioco, spinta dalla rivoluzione del tiro da tre punti e dalla crescente influenza degli analisti, ha relegato il mid-range al ruolo di colpo antiquato, inefficiente, quasi proibito.
Ma KD non ci sta: per lui quel tiro è tecnica, tempismo, talento puro. Una delle tante armi del suo bagaglio offensivo che l’ha reso il marcatore più dotato di tutti i tempi.
Negli anni ’90 e 2000 era l’arma dei fuoriclasse: Michael Jordan, Kobe Bryant, Allen Iverson. Una generazione che ha reso la media distanza un’arte. Oggi, invece, i numeri spingono verso scelte “più redditizie”: triple o penetrazioni al ferro. Un basket più omologato, meno creativo, dove in tanti sembrano giocare con lo stesso copione.
Durant rappresenta l’eccezione. A 36 anni, continua a vivere nel “tra” delle statistiche, dominando una zona che gli algoritmi hanno condannato. Il suo tiro dalla media è un marchio di fabbrica, una dichiarazione d’identità: non tutto può essere ridotto a percentuali e modelli previsionali.