Belinelli si ritira: l’unico italiano con l’anello NBA saluta il basket
Marco Belinelli ha appena chiuso una carriera che è durata più di 20 anni. L’Italia e gli Stati Uniti gli hanno dato tanto, tra Bologna ed NBA.
Il 39enne emiliano ha appena chiuso una carriera che è durata più di 20 anni. L’Italia e gli Stati Uniti gli hanno dato tanto e non potremo dimenticarlo in fretta dato che è l’unico italiano ad averci emozionato così tanto sul campo NBA. Facciamo un recap della sua situazione e del suo percorso.
Il 18 agosto 2025, Marco Belinelli ha ufficialmente annunciato il suo ritiro. Ha mandato un messaggio sui social dove ha espresso la sua gratitudine e ha detto che il suo viaggio si conclude. Ha scelto di mettere fine alla sua grande carriera iniziata a Bologna e poi sbocciata all’NBA. Cosa possiamo dire di lui? A oggi, è l’unico italiano ad aver vinto il titolo NBA nel 2014 con i San Antonio Spurs.
Il sostegno dei fan anche a distanza
Il rapporto con il pubblico di certo non è mancato, l’NBA è molto seguita in italia e Belinelli è stato il nostro beniamino per tanti anni. Le community che lo seguono si sono spalmate tra forum, social e arene. Tra un match e l’altro, i tifosi guardano gli highlights e si svagano online, magari anche con giochi a tema basket.
al poker al blackjack, fino al baccarat. È abbastanza comune trovare dei thread dove si parla di play online baccara mentre si attende che i giocatori tornino in campo. Non a caso, il tifo oggi lo si vive anche attraverso le notifiche e la tecnologia.
Perché il suo addio significa molto (anche aldilà delle cifre)
L’uscita di scena di Belinelli non è solo la fine di una carriera, è la chiusura di un ciclo che ha spinto in alto l’immaginario del basket italiano. Ha dimostrato che un esterno cresciuto tra Virtus e Fortitudo può diventare un giocatore di rotazione affidabile nella miglior lega del mondo, vincere un anello e riportare poi ambizione, cultura del lavoro e risultati a casa. Negli ultimi anni con la Virtus Bologna ha contribuito a riaccendere l’entusiasmo. Lo dicono i trofei italiani messi in bacheca: tre scudetti in carriera, quattro Supercoppe e una Coppa Italia.
Il suo profilo tecnico, tiratore con grande meccanica, letture da veterano, capacità di elevarsi nei finali, ha funzionato da modello per tanti giovani esterni azzurri. E, più in generale, ha spostato la percezione internazionale sui giocatori italiani: non soltanto lunghi tattici o specialisti difensivi, ma anche guardie in grado di reggere il ritmo, prendersi responsabilità e tenere il campo nei playoff.
Dal titolo NBA 2014 alla consacrazione
Il punto più alto resta il 2014. In quella stagione, Belinelli si è ritagliato un ruolo fondamentale negli Spurs di Popovich: cambia l’inerzia di quarti, apre il campo per l’attacco di sistema, punisce dai blocchi e in transizione. Chiuse quell’annata da campione NBA e, nello stesso weekend All-Star, vinse anche la gara del tiro da tre. È un’accoppiata che all’epoca nessun italiano aveva mai sfiorato. Nei ricordi di San Antonio, Belinelli è un pezzo della macchina perfetta che schiacciò Miami in finale: in stagione regolare viaggiò a 11,4 punti di media con il 43% da tre, numeri da vero specialista.
Quel titolo è stato più di un trofeo personale. Ha creato un precedente. Sì, un giocatore italiano può arrivare fino in fondo in NBA. Da allora, ogni giovane azzurro che sogna l’America ha un punto di riferimento concreto, con i video, le statistiche e le partite-racconto da studiare.
I numeri della carriera: cosa ci dicono davvero
I numeri, letti bene, spiegano perché Belinelli sia stato considerato a lungo un plug-and-play perfetto in NBA. In 860 gare di stagione regolare ha prodotto 9,7 punti, 2,1 rimbalzi e 1,7 assist a partita, tirando con il 37,6% dall’arco. Sono medie che descrivono un tiratore affidabile, capace di aprire spazi e di accendersi in serie. Nei playoff ha aggiunto 65 presenze con 8,5 punti di media: non un comprimario di passaggio, ma un’arma da rotazione nei momenti che contano.
Il contesto completa la situazione: scelto al n.18 del Draft 2007 dai Golden State Warriors, Belinelli ha percorso una mappa NBA lunghissima:
- Toronto
- New Orleans
- Chicago
- San Antonio (due volte)
- Sacramento
- Charlotte
- Atlanta
- Philadelphia
Poi è tornato in Italia nel 2020. La cifra stilistica è rimasta costante: piedi veloci, mano pulita, intelligenza nel muoversi senza palla. Quando il ritmo della gara si abbassava, la sua capacità di leggere i vantaggi diventava un paracadute tattico per gli allenatori.
Cosa ci lascia in eredità
Se dovessimo sintetizzare l’eredità di Belinelli in tre immagini, forse basterebbero queste:
- Il trofeo del Three-Point Contest stretto al petto a New Orleans
- La coppa Larry O’Brien afferrata con la bandiera italiana sulle spalle
- Il sorriso un po’ stanco, un po’ emozionato, con cui ha detto basta a 39 anni
Sono fotogrammi di un percorso lineare solo a posteriori. All’inizio c’erano minuti centellinati, trasferimenti, panchine e ripartenze. C’era la fatica di ritagliarsi un ruolo. E poi c’è stata la consacrazione: un titolo NBA, un percorso da professionista serio, il ritorno a casa per vincere ancora.