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5 Role Players pronti a cambiare gli equilibri NBA

Non sempre i protagonisti segnano la differenza: ecco 5 role players pronti a sorprendere e portare le loro squadre oltre le aspettative

Con i role players si vincono gli anelli. O quantomeno, si va lontano.
Cerchiamo di volar bassi nell’introdurre un argomento che ormai non è neanche più di tanto nascosto, nella NBA moderna.

Che è quella lega in cui ci sono le limitazioni da primo e secondo apron, che complicano non solo la costruzione strutturata dei roster – per chi è facoltoso e può fregarsene della luxury tax – ma pure il mantenimento di un core scelto, svezzato e rivendicato.

Tenere tutti, con le pretese di voler retribuire secondo merito in un’epoca dai contratti economicamente crescenti, diviene impossibile. Pescare con i intelligenza tra giocatori in sviluppo, o limitati dai contesti da aver accettato cifre sostenibili, magari dimostrando meno di quel che potrebbero, è la soluzione.

Quindi proiettare la funzionalità di un talento in un proprio sistema, diverso da quello di provenienza, nel firmare o scambiare per un giocatore, è parte fondamentale di una squadra forte. Oppure selezionare diamanti grezzi al Draft, preferibilmente fuori lottery.

Eccoli lì, per cui, i role players. Gli anelli mancanti che completano un sistema, che elevano un assetto in modo imprevedibile. Con la stagione 2025/26 in avvio, proviamo a determinarne cinque che possono davvero cambiare le carte in tavola, per le rispettive franchigie.

Ryan Kelkbrenner – Charlotte Hornets

Ecco un giocatore pescato al secondo giro del Draft (trentaquattresima scelta di Charlotte), che in sede di chiamata poteva apparire come uno borderline, ma giunto in un contesto ideale per mettersi in mostra.

Si tratta di un ventitreenne da 216 centimetri di lunghezza, che in cinque anni a Creighton è sempre andato evolvendosi per impatto e produzione statistica. La scorsa stagione ha chiuso con oltre 19 punti,8 rimbalzi e  quasi 3 stoppate di media.

Potrebbe essere troppo leggero? Sicuramente sarà inesperto. Tuttavia, guardate al roster di Charlotte e vi apparirà evidente quanto il ragazzo può subito farsi un nome, sfruttando i minuti che inevitabilmente gli toccheranno.

Perché in quella posizione gli Hornets possono schierare solo Moussa Diabate e il (derelitto) Mason Plumlee. Ma augurandosi un LaMelo sano e continuo, il resto del gruppo non apparirebbe proprio così disfunzionale. Anche perché ben farcito di tiratori (come la scelta al primo giro Knueppel) e trattatori di palla – magari con dubbi sul decision making – che possono costruire attacco, come Sexton e Mann.

Insomma, se Kalkbrenner (che al momento è lontano dall’essere pericoloso dall’arco, è bene sottolinearlo) dovesse funzionare da sorpresa, e quindi espletare i compiti che si richiedono ad un lungo in un contesto di squadra simile, Charlotte potrebbe andare molto meglio di quel che si prevede per abitudine.

Il ragazzo potrebbe trovarsi davanti ad un primo anno simile a quello che è stato per Yves Missi a NOLA, lo scorso anno. Anche lui, ventunesima scelta con poche aspettative, finto a farsi le ossa in una squadra senza centri affidabili, oggi considerato possibile chiave di volta accanto a Zion nel sistema di coach Willie Green.

Anche perché lo scorso anno Missi ha chiuso con oltre 9 punti e 8 rimbalzi per gara, in 26 minuti di impiego medio.

Jabari Smith Jr. – Houston Rockets

Considerato fino all’ultimo secondo la potenziale first pick del Draft 2022, Jabari Smith si è presentato a Houston come prototipo del role player di lusso, fin dalla sua prima stagione.

Fisicamente versatile per ambo le metà campo, con range di tiro espanso e una percentuale dall’arco che lo scorso anno si è attestata sul 35% su 5 tentativi medi, è il classico giocatore che allarga il campo senza accentrare. Contemporaneamente, la sua apertura alare e la sua altezza lo hanno reso elemento importante nel miglior esperimento attuato da Udoka nella metà campo difensiva: una zona 2-3 con Steven Adams accanto a Sengun. E lui, in aggiunta, ad occupare una bella porzione di campo a braccia belle larghe.

Si tratta di un assetto che rende dividendi anche in attacco, e che i Rockets hanno dimostrato da subito di voler implementare attraverso il mercato estivo, firmando il backup Capela e soprattutto uno spacer come Durant. Che idealmente avrebbe potuto prendere il posto di Smith in closing lineup.

Il destino però ha giocato uno scherzaccio a Houston, con il grave infortunio di VanVleet ed il pericolo di non poter sostenere a lungo i due centri in campo, se privati di un handler con pericolosità balistica (cosa che Amen Thompson non ha).

Invece, come visto nelle ultime uscite di preseason, la risposta può essere un quintetto super tall con il Gemello da handler affiancato da un Durant in posizione di guardia. Così da riutilizzare Smith da ala piccola, Sengun da ala grande e Adams (o Capela) da centro.

Tutto molto sostenibile, considerando che dietro Jabari è arrivato anche un altro role player per eccellenza, come Dorian Finney-Smith. In un contesto simile – e soprattutto, se un assetto simile dovesse riscuotere il successo sperato – Jabari può veder aumentato il suo volume di tiri, e più generalmente la sua importanza a roster.

Kevin Porter Jr. – Milwaukee Bucks

Dopo il taglio di Lillard, a Milwaukee manca una point guard canonica. Cole Anthony, arrivato dopo una serie di giravolte di mercato, ha già dimostrato di non poterlo essere ad Orlando, soprattutto per quel che può significare “mettere ordine all’attacco”. E si tratterà di un attacco guidato da Giannis, con un centro spaziatore come Turner.

Tocca quindi a KPJ, e potrebbe essere la vera ultima grande occasione di redenzione per questo talento: ad oggi incapace di brillare tanto da proiettare fiducia su di sé, anche per limiti caratteriali.

Ora, sappiamo che questo giocatore ha punti nelle mani, e conosciamo (purtroppo) la sua selezione di scelte che ad oggi è apparsa più incline al rigonfiamento del proprio tabellino, che alle velleità di squadra. Tuttavia se escludiamo Ryan Rollins, qui serve qualcuno che giochi il pick and roll con Giannis da bloccante, anche se sembra che questa soluzione non sia la preferita del greco.

Ma affidarsi a lui come point forward abituale, sarebbe quanto di più deleterio si può immaginare per la resa di una squadra tanto piena di interrogativi – e incompleta – come i Bucks.

Quindi, che ci pensi il motivatore Doc Rivers a convincere Antetokounmpo che deve giocare il più possibile da bloccante. E Porter Jr. a recitare da point guard con coscienza, visto che potrebbe essere il livello massimo della sua evoluzione in NBA.

In quanto creator temibile (per sé stesso), l’handler più pericoloso nel far funzionare il gioco a due basico per i Bucks, non può che essere lui. Se lo diviene, in questo est, un minimo di aspettativa in Winsconsin possono anche tornare ad averla.

De’Andre Hunter – Cleveland Cavaliers

Questo può apparire un nome troppo importante, per rientrare nella categoria. Anche perché ad Atlanta ha passato lunghi periodi da scorer primario, pur partendo spesso dalla panchina.

Dalla scorsa scadenza di mercato invernale però, De’Andre Hunter veste la casacca dei Cavaliers, rappresentando il prototipo perfetto dell’ala piccola che mancava per completare il quintetto di coach Atkinson. Nelle 27 partite stagionali disputate a Cleveland, ha tirato con il 42% dall’arco funzionando quasi sempre da sesto uomo, ma risultando meno dimenticabile di quanto mai gli era capitato prima.

Quando giocava con gli Hawks – vuoi per posizionamento, vuoi per concomitanza di compagni accanto – il difensore accoppiato tendeva spesso a dimenticarselo, prediligendo l’aiuto quando necessario. E questo non perché fosse un pessimo tiratore, sia chiaro. Tuttavia veniva percepito spesso come “il minore dei mali”.

Nel sistema di Atkinson invece, trovandosi probabilmente a gestire la palla sulle rotazioni avversarie in contesti qualitativamente più alti, ha progressivamente fatto valere la sua pericolosità di azione in azione. E la sua gravity è aumentata.

Questo è tutto quel che serve, se devi funzionar da collante tra un backcourt con due palleggiatori come Garland e Mitchell, e un frontcourt con due lunghi come Mobley e Allen (visto talvolta in versione simil hub).
La vera novità di questa stagione però, sta in un dato temporale: a differenza dello scorso anno, Hunter è con la squadra fin dal training camp. Non è semplicemente il “buon fit” che era, inserito a metà stagione in un sistema pre esistente.

La sua rinnovata pericolosità inserita da subito in un contesto che lo contempli come ingranaggio chiave, potrebbe funzionare da spinta per i Cavs, se l’obiettivo è elevarsi ancora senza aver mutato di troppo gli equilibri conosciuti.

Timmy Hardaway Jr. – Denver Nuggets

In apparenza, il role player per eccellenza a Denver dovrebbe essere Cam Johnson. Si tratta di un nuovo arrivo, prototipo ideale di 3&D con il talento da poter funzionare anche da terza opzione offensiva, ma tranquillamente destinato a venir dietro ad altri senza pesare sugli equilibri in campo. E comunque, con un creatore di gioco come Jokic, in grado di elevarsi oltre il rendimento ad oggi conosciuto.

In alternativa a lui, c’è il ritorno di Bruce Brown, altro coltellino svizzero che è stato decisivo per il titolo NBA del 2023 grazie al suo essere impiegabile in quattro ruoli sui cinque disponibili. Riuscendo sempre a tirar fuori qualcosa di buono.

Però, secondo me, il giocatore di ruolo che potrebbe cambiare il destino dei Nuggets (che già puntano in alto), è Timmy Hardaway Jr. Che se dovesse confermare quello che ha fatto vedere lo scorso anno a Detroit – in quella che definirei la stagione della maturità raggiunta – risolve da solo i due problemi più evidenti che resistevano lo scorso anno in Colorado.

E cioè la cortezza di rotazione e i volumi dall’arco (in second unit quantomeno). Quante volte i tifosi di Denver si sono lamentati dell’inconsistenza di Julian Strawther lo scorso anno? E quante altre volte hanno storto il naso dopo una scelta completamente sbagliata da Russel Westbrook?

Ecco, Hardaway Jr. in versione Pistons può ovviare a problemi di creazione e finalizzazione della second unit, favorendo (certo, insieme a Brown) un po’ di riposo per Christian Braun. Che lo scorso anno è stato spesso costretto agli straordinari, vista la forma non splendente di un Jamal Murray che resta fondamentale, ma che Hardaway può comunque sostituire nell’impatto, quando a risposo.

Certo, probabilmente nessuno gli chiederà di portare la palla, e anzi è molto più probabile vederlo recitar il ruolo che fu di Caldwell-Pope nell’anno del titolo. Con la differenza che il potenziale difensivo è inferiore. Tuttavia si tratta di un sesto/settimo di rotazione che può veramente aumentare lo spacing di squadra, e quindi le soluzioni.

Attenzione però, perché il veterano si è spesso dimostrato poco costante in carriera, e quella maturità raggiunta lo scorso anno non è detto che si consolidi.

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