Harden e Leonard increduli dopo l’addio di Chris Paul

Un addio improvviso, uno spogliatoio sotto shock e una frattura interna che andava avanti da settimane: la separazione tra Chris Paul e i Clippers è tutto tranne che una storia semplice.

James Harden e Kawhi Leonard in azione con la maglia dei Los Angeles Clippers

Quando la notizia è rimbalzata sui telefoni dei giocatori, mercoledì mattina ad Atlanta, nello spogliatoio dei Clippers è calato un silenzio quasi irreale. Chris Paul non sarebbe più stato con loro.

Una decisione lampo, arrivata dopo una conversazione notturna di tre ore tra Lawrence Frank e il veterano. E la reazione delle stelle della squadra lo racconta meglio di qualunque analisi.

James Harden ha ammesso apertamente di aver dovuto rileggere la notifica: “Sono confuso e scioccato quanto voi”, ha detto dopo il successo contro gli Hawks, interrotto un periodo da incubo fatto di cinque sconfitte di fila. Kawhi Leonard non è stato molto diverso: “Onestamente, non ci credevo. Ho dovuto ricontrollare quello che vedevo”.

Un rapporto incrinato da settimane

Dietro la scelta non c’è un episodio isolato, ma un logoramento che andava avanti da tempo. Fonti vicine alla squadra hanno raccontato che Paul e coach Ty Lue non si parlavano da settimane, e che lo stile di leadership del 12 volte All-Star era diventato un punto di frizione per lo staff e la dirigenza.

Paul pretendeva responsabilità da tutti: dirigenti, allenatori, compagni. Ma per i Clippers questa voce interna, così forte e costante, stava diventando troppo pesante.

Frank lo ha detto chiaramente: la decisione è stata il risultato di “più conversazioni”, non di un singolo momento.

Lue difende Paul, ma ammette il fallimento del fit

Lue, da sempre molto vicino al play, ha messo subito i puntini sulle i: non è stato Paul il motivo dell’avvio disastroso da 5–16.

Non penso che il nostro record sia colpa sua. È un grande giocatore e non meritava un’uscita così

Tyronn Lue

Parole all’apparenza sincere, che fanno capire quanto la rottura sia nata da dinamiche più profonde del semplice rendimento tecnico.

Il coach ha aggiunto anche un passaggio che suona come una resa:

Non era un buon fit per quello che stava cercando. Non mi piace come è finita, ma è stata una decisione dell’organizzazione

Tyronn Lue

Un futuro sospeso… in pieno caos salariale

E ora? In teoria Paul è “fuori”, nella pratica è in una sorta di limbo:

  • è stato rimandato a Los Angeles,
  • non può essere scambiato prima del 15 dicembre,
  • i Clippers non possono firmare un sostituto perché sono incastrati sotto il primo apron,
  • e non possono restare con meno di 14 giocatori per più di 14 giorni.

Un buyout sarebbe possibile, ma servirebbe una squadra con uno slot libero… e tra le dieci disponibili solo gli Hawks non avrebbero problemi con luxury tax e apron.

E in tutto questo, una voce pesante: secondo Shams Charania, Paul ha già deciso che questa sarà la sua ultima stagione NBA, la numero 21.

Un finale imprevisto per uno dei giocatori più importanti della storia dei Clippers, che chiude un’altra parentesi complicata – forse l’ultima – di una carriera leggendaria.

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