Breve storia di Nikola Jokic

Da Sombor agli All-Star Game, l’anti-divo per eccellenza è a caccia del titolo di MVP. Il serbo raccontato nudo e crudo come lo vediamo noi

Nikola Jokic Denver Nuggets

Semplice e a volte un po’ goffo, non un amante delle interviste post-partita, fuori dal campo rimane lontano dai riflettori, i dettagli sulla sua vita privata non sono indispensabili. Jokic è come un calabrone: ha un peso troppo elevato per volare, eppure poche risultano essere le cose più letali.

Con la palla a spicchi in mano è in grado di inventare nuove sfumature di pallacanestro, grazie a quelle due mani da Mozart che lo trasformano da centro di 2 metri e 11 centimetri ad abile playmaker. Denver ha navigato in mari tempestosi, mancando i play-off per diversi anni, ma una volta consegnate le chiavi del gioco al nativo di Sombor, si sono trasformati in una contender, arrivando a giocarsi una finale di Conference dopo 10 anni dall’ultima volta.

Oggi il ragazzo paffuto è destinato a compiere il grande salto, consacrandosi come uno dei big man più importanti non solo dell’intera Lega, ma nella storia del gioco. Joker vuole il titolo di Most Valuable Player.

Fat-kola e i suoi fratelli

Di solito è il fratello di mezzo quello che subisce psicologicamente la presenza del maggiore e del minore. Non nella famiglia Jokic, dove il nostro piccolo Nikola, che per la precisione ha 13 e 11 anni in meno rispetto a Strahinja e Nemanja, è vittima del loro “bullismo”, diametralmente opposti a livello caratteriale e di gran lunga meglio assortiti a livello fisico. Sombor, la loro città natale, non da spazio ai divertimenti e non regala a tutti le stesse opportunità, perciò per sopravvivere alla routine è necessario possedere un paio di spalle larghe e tanta voglia di competere.

Entrambi i fratelli sognano di scappare da quella landa desolata, non ci sono stimoli e una vita intera trascorsa ad occuparsi del bestiame e dell’orto non è certo la massima aspirazione per chi vede nella pallacanestro l’unico vero sbocco per il proprio futuro.

Nikola però è indifferente a riguardo, non sogna in grande, lui preferisce mangiare, dormire e passare le giornate con il suo cavallo, anche perché gli 1 vs 1 a basket sono vere e proprie torture: non riesce mai a segnare un punto, si gioca senza falli e questo gli fa subire le spinte, gli sgambetti e le gomitate dei fratelli più grandi. Dulcis in fundo, dopo ogni sconfitta è costretto a fare i piegamenti sulle braccia e gli scatti lungo il campo su cui giocano.

Per il piccolo Jokic, se questi sono i sacrifici per diventare un cestista, meglio lasciarli ad altri temerari, alla fine la vita in Serbia non è poi così male. La vera notizia però è che il ragazzino con la palla in mano è già un fenomeno, perde tutte le sfide uno contro uno, ma diventa impossibile batterlo nelle gare di tiro. I fratelli lo fanno tirare da ovunque e lui prontamente straccia la retina, non si sente nemmeno l’eco del ferro.

Per Nemanja e Strahinja, che nel frattempo hanno avuto le loro esperienze tra college e campionati minori, l’unica opportunità per evitare una vita bucolica è Fat-kola, il loro fratello paffuto con la passione per la coca-cola e il junk food americano.

Dalla Lega Adriatica alla notte del Draft NBA

Sotto le pressioni dei fratelli maggiori che nel corso degli anni lo aiutano a sviluppare il grande talento di cui è dotato, Nikola Jokic prende in considerazione l’idea di abbandonare la piccola cittadina per diventare una stella della pallacanestro. La sua carriera comincia nelle giovanili del Vojvodina Srbijagas, dove in poco tempo ottiene le redini del gioco e mostra le sue abilità non solo al tiro, ma anche a rimbalzo e nella distribuzione del pallone.

I suoi numeri e le prestazioni messe in campo non passano inosservate e a 17 anni debutta nella Lega Adriatica con la maglia del Mega Basket, club serbo con sede a Belgrado, in cui Nikola può muovere i primi passi da professionista e migliorare il suo gioco. Il palcoscenico della Lega Adriatica sembra adatto al suo stile, sebbene i suoi numeri non siano stellari, quello che lascia stupiti i talent scout è l’impressionante facilità con cui tratta la sfera.

Il suo nome appare così nel Mock Draft NBA 2014: sì la scelta sarebbe stata al secondo giro, probabilmente molte squadre lo avrebbero scartato lasciandolo undrafted, ma ripensando al ragazzino di Sombor che trangugiava bevande zuccherate e mangiava senza darsi un contegno, l’evoluzione era sostanziale.

La figura di Arturas Karnisovas è fondamentale in questa storia, perché proprio l’attuale GM dei Chicago Bulls, allora ai Denver Nuggets, decise di scommettere contro tutto e tutti, sfruttando la scelta numero 41 del Draft 2014 per ottenere i diritti del futuro centro della nazionale serba. L’ansia più grande del general manager era quella di non poter vedere all’opera fin da subito il suo “salto nel buio”, poiché la franchigia del Colorado preferì lasciare il 19enne un’altra stagione nella sua terra, reputando difficile inserirlo nel contesto NBA e nelle rotazioni.

Mai scelta fu più azzeccata: nella stagione 2014-2015 Jokic diventa MVP della Lega Adriatica con 15.4 punti di media, comandando la classifica dei rimbalzi con 9.3 a partita, distribuendo 3.5 assist e chiudendo la stagione con 22 di index rating (valutazione media a gara). Oltre al titolo di miglior giocatore, il classe 1995 si porta a casa anche quello di miglior prospetto del campionato, così dopo la semi-finale persa contro il Partizan, decide che è giunto il momento di approdare oltreoceano.

Essere Nikola Jokic

Non è facile essere Nikola Jokic. Pensate alle interviste, alla pressione mediatica e quella costante sui 28 metri. Pensate voler essere dei vincenti e delle star, senza avere l’obbligo di apparire come tale. Pensate ad un bambino che ogni mattina si sveglia sentendo il rumore delle sirene e delle bombe che cadono a pochi chilometri di distanza. Pensate al voler vivere una vita tranquilla, sopravvivendo alle angherie della guerra e alle macerie e la povertà che essa causa. Essere felici è l’unico obiettivo nella vita del nativo di Sombor. Dall’infanzia al debutto nei grandi palazzetti statunitensi, il sorriso è la ragione che permette al nostro Joker di andare avanti. Niente proclami, nessun trash talking, semplicemente essere se stessi.

Il giocatore dei Denver Nuggets è stato scelto il 26 Giugno 2014, eppure quella sera lui stava dormendo, a sua insaputa stava per diventare un giocatore della NBA. Mentre suo fratello aveva affittato limousine e champagne per festeggiare il grande avvenimento, una vittoria personale, avendo cresciuto il fratello piccolo con severità e preparandolo a quello che sarebbe stato il suo futuro. Essere Nikola Jokic potrebbe sembrare semplice, lui stesso ne parla con semplicità: mangia, dorme, gioca alla playstation, mangia ancora, si allena quando è il momento per farlo e poi dorme ancora.

In un mondo in cui l’apparenza e i social media sembrano fattori imprescindibili, il serbo se ne tira completamente fuori. Lui preferisce di gran lunga prendersi cura del suo cavallo e vivere al fianco della sua compagna, la splendida Natalija Macesic, primo e unico amore. Essere Nikola Jokic è questo, nulla di più, un sorriso che può superare ogni ostacolo, raccontando la propria storia con una palla arancione tra le mani.

Eat, Sleep, Play, Repeat

Gli è stato chiesto quale fosse il suo rituale nel giorno della partita e lui con il suo fare semplice ha detto la verità: mangio, dormo, faccio una partita alla playstation, altro spuntino, riposo ancora un po’ e poi mi preparo per la gara. Sembrerebbe folle sentire queste parole da un professionista, ancora più da pazzi se a dirlo è un All-Star e top-5 nel ruolo di centro.

Il mantra di Jokic è questo, vivere secondo natura e non stravolgere le proprie abitudini che lo hanno reso un giocatore straripante, capace di vincere le partite con giocate clutch nei momenti decisivi o in grado di servire i compagni con passaggi al limite dell’umano. A Nikola va riconosciuto il merito di aver lavorato sul proprio fisico per non dover arrivare sfinito durante gli ultimi minuti della partita; ha buttato giù il grasso, messo su qualche chilo di muscoli in più e migliorato sensibilmente quei difetti che attiravano le critiche di tifosi e addetti ai lavori.

Oggi è in piena corsa per il titolo di MVP grazie alla sua maturazione fisica e mentale, la fame di cui aveva necessità non era quella del suo stomaco, ma quella agonistica e sembra averla tirata fuori per il bene di se stesso e dei Nuggets.

Quando parliamo del big man di Denver, dobbiamo riconoscergli ogni onore e record stabilito. Gli exploit di Jokic sono iniziati quando Nurkic, allora centro titolare della franchigia del Colorado, è stato inviato a Portland via trade, consentendo al serbo di prendere il suo posto e mostrare il suo arsenale al completo.

A lui le statistiche non interessano, lo ha fatto presente in diverse interviste post-partita, ma noi qualche dato vogliamo fornirlo per mettere nero su bianco le sue incredibili prestazioni. Nikola Jokic ha il vizio della tripla doppia (nono nella classifica all-time), noi pensiamo a LeBron James, a Russell Westbrook e più indietro a Jason Kidd e Oscar Robertson, ma il classe 1995 ha qualcosa in serbo per noi.

  • Nono per triple doppie realizzate con 46 e primo tra gli europei
  • Tripla doppia più veloce della storia con 16 punti, 12 rimbalzi e 12 assist in appena 14 minuti e 33 secondi
  • Maggior numero di minuti giocati in una partita di play-off con 65 nella sfida contro i Portland Trail Blazers del 2019
  • Secondo giocatore dei Nuggets dopo Carmelo Anthony a ricevere 2 convocazioni consecutivi agli All-Star Game
  • Insieme a Duncan e Garnett, è l’unico giocatore ad aver catturato oltre 20 rimbalzi in una gara di post-season

Queste sono solo alcune chicche della straordinaria carriera (siamo sicuri che prima o poi scriverà il suo nome anche tra i migliori assistman della storia NBA) del ragazzo di Sombor, alla sua sesta stagione nella NBA. Nella sua mente c’è il desiderio di legarsi a lungo termine a questi colori, alla città e ai tifosi.

Non ama cambiare le sue abitudini e stravolgere i piani della sua vita, non avrebbe nemmeno voluto lasciare casa sua quando era piccolo, ma il destino ha preferito farlo uscire dal suo guscio e regalarci uno dei giocatori più divertenti della nuova generazione slava.

In una Lega in cui l’apparenza e la serietà sembrano farla da padrone, noi pensiamo a Jokic e citiamo, non a caso, il personaggio dei fumetti da cui prende il soprannome: “Why so serious?”


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