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Utah Jazz, cosa è cambiato? Il successo dei ragazzi di Snyder

Gli Utah Jazz sono al momento la migliore squadra della lega. Cosa è cambiato rispetto allo scorso anno per il team di Salt Lake City?

Lasciamo stare la sconfitta di due giorni fa contro i Clippers, macchia assolutamente giustificabile su un percorso non meno pazzesco da parte dei Jazz fino a questo momento. La franchigia di Salt Lake City è sul tetto della NBA, due strisce da undici e nove vittorie consecutive e un gioco che sembra lasciare pochissimo margine di replica agli avversari.

Cosa è cambiato rispetto allo scorso anno?

La squadra

Di sicuro non sono cambiati gli interpreti, il roster è rimasto praticamente immutato: Conley, Mitchell, Bogdanovic, O’Neale e Gobert come titolari, Clarkson e Ingles a dare linfa dalla panchina. L’unico arrivo significativo dal mercato è stato Derrick Favors, al suo secondo giro coi Jazz dopo la breve parentesi dello scorso anno ai Pelicans.

La mano di Quin Snyder a livello tattico si è però fatta sentire con lo spostamento di Slow Mo Joe dal quintetto base alla panchina in favore di Royce O’Neale. L’australiano ha comunque 27 minuti in media in cui incidere col suo supporto da tuttofare e fornire ulteriori opzioni alla second unit.

Second unit che quest’anno è indiscutibilmente guidata da Jordan Clarkson: 18.2 punti, 4 rimbalzi e 3 assist con picchi oltre i venti e addirittura una partita da quaranta punti in 30 minuti. La candidatura a Sesto Uomo dell’Anno è praticamente scontata e si presenta come il favorito a portarsi a casa il premio.

Come non parlare infine della strapagata coppia su cui i Jazz hanno puntato per il futuro: Donovan Mitchell e Rudy Gobert. I contratti multimilionari firmati dai due hanno fatto storcere il naso a parecchi addetti ai lavori, non ultimi Shaquille O’Neal e Charles Barkley, che hanno mediaticamente crocifisso i due non ritenendoli all’altezza.

Al momento Spida è sesto nella corsa al titolo di MVP, obiettivo ambizioso e poco realisticamente alla portata, ma non per questo meno lusinghiero. Gobert ha alzato l’asticella dopo una partenza stentatissima e si sta riaffermando come uno dei migliori difensori e giocatori da pitturato della lega. Non malissimo per le pietre angolari della franchigia “non all’altezza”.

I miglioramenti al gioco

Le statistiche e i risultati parlano chiaro, i Jazz hanno schiacciato l’acceleratore rispetto alla stagione scorsa e si sono affermati nell’élite della NBA.

Terzi per offensive rating (117.4 punti a partita, un incremento di 6 punti rispetto allo scorso anno), i ragazzi di Snyder puntano molto sul tiro dall’arco con buonissimi risultati: Utah è prima nella lega per triple tentate e segnate, tirando con quasi il 40%, dato che li classifica quinti nella lega. Il tiro da fuori è una compensazione se andiamo a vedere i tentativi da due punti, per cui i Jazz sono ventinovesimi per 2P realizzati e trentesimi per tentativi.

Le triple però non sono l’ultima spiaggia o il tiro della misericordia ma il frutto di una circolazione di palla efficace proprio per trovare la soluzione dall’arco, vista anche la qualità dei tiratori se in serata.

Importantissimo l’attacco ma non meno la difesa: secondi per defensive rating (108 punti concessi agli avversari), primi per rimbalzi e quinti per stoppate, i Jazz fanno del gioco nella metà campo amica un punto di forza fondamentale per costruire i loro successi. Lo stesso Snyder di recente ha dichiarato:

La difesa crea quei tiri e la difesa ci mette una pezza quando quei tiri non entrano.

Gobert è sicuramente la punta di diamante in questa fase, già vincitore di due premi come Defensive Player of The Year: sotto le plance sta tenendo 2.7 stoppate di media a partita, seguito da Favors nella categoria e aiutato da Clarkson e Conley nelle palle rubate, rispettivamente con 1 e 1.4 a partita.

Contender ai Playoff?

La scorsa campagna in post-season si è conclusa con un finale a dir poco deludente per i ragazzi di Salt Lake. Sopra 3 a 1 contro i Nuggets, hanno subito un ribaltone fino all’eliminazione in Gara 7.

Memori probabilmente di quel passo falso i Jazz non vorranno certo ripresentarsi ai Playoff con le stesse lacune e la stessa leggerezza. Sembra ormai chiaro ed evidente, soprattutto guardando le partite, che Utah non ha intenzione di sottovalutare neanche una singola partita, sia che arrivi una vittoria o una sconfitta.

Delle poche L che sono arrivate sul loro tabellino di marcia, l’unica in cui hanno convinto davvero poco è stata la partita proprio contro i Denver Nuggets, quanto mai ispirati e artefici di un primo tempo che avrebbe lasciato poco spazio di replica a qualunque squadra. In quel frangente i Jazz sono sembrati poco attenti e talvolta troppo superficiali, forse troppo sicuri delle loro possibilità.

Sarà quindi compito di Quin Snyder mantenere sempre alta la concentrazione, mettendo sì in preventivo qualche colpo durante il resto della stagione ma senza demoralizzarsi perdendo questo spirito combattivo che fino ad ora ha fatto le loro fortune.

Insomma, i Jazz ci sono e non hanno intenzione di fare i figuranti: chiunque li trovi sulla propria strada ai Playoff è avvisato, quest’anno don’t sleep on Utah.

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