Denver Nuggets: crisi nera in Colorado

I Denver Nuggets stanno navigando in cattive acque e adesso rischiano seriamente di perdere il treno per i Playoff: cosa è cambiato dallo scorso anno?

Murray in maglia Nuggets

Della squadra che tanto ha impressionato negli ultimi anni, arrivando perfino in finale di Conference lo scorso settembre, sembra non esserci davvero più traccia: i Denver Nuggets sono ben lontani dalla migliore condizione e i risultati sono tutt’altro che incoraggianti.

Il terzo posto dello scorso anno è un ricordo e la franchigia del Colorado adesso gravita in zona Play-In con una seria possibilità di mancare l’ingresso alla post-season. A cosa è dovuta questa involuzione?

Il roster

Il mercato non ha portato quella terza stella che coach Malone sperava di affiancare a Jokic e Murray, lasciando un roster con molte meno opzioni rispetto a quello dell’anno precedente. JaMychal Green e Isaiah Hartenstein sono gli unici arrivi e al momento non hanno assolutamente incantato: Hartenstein in particolare sembra faticare molto come backup di Joker, abituato ad essere sostituito dal più affidabile Plumlee, cosa che lo porta spesso a dover fare gli straordinari.

Michael Porter Jr, in teoria alla stagione della consacrazione, continua a muoversi in maniera altalenante con prestazioni non all’altezza che spesso mettono in difficoltà la squadra.

Oltretutto al momento la squadra è falcidiata dagli infortuni: Gary Harris, Paul Millsap e lo stesso Green hanno saltato diverse partite e in un contesto con così poca panchina l’effetto si è fatto sentire in fretta. Malone spera che col recupero di alcuni dei suoi pezzi più importanti i risultati tornino a favorire Denver, ma il problema sembra comunque andare oltre le semplici assenze.

Forse la stanchezza di una stagione passata che ha richiesto uno scotto in termini di energia e sforzo, forse un velo di delusione per non aver fatto un ulteriore salto di qualità come organico: il fatto che rimane è che i Nuggets sono tutto fuorché convincenti.

Statistiche alla mano

Paradossalmente a livello offensivo Denver è molto più efficiente quest’anno che lo scorso: 111.3 punti nel 2020 contro i 115.2 di questo campionato, che li classifica sesti nella lega. Si perdono però posizioni quando si passa alla difesa: 109.2 punti concessi (2019-20) che diventano 111.6, con 40.6 tiri subiti a partita, decimi nella NBA.

Anche la gestione della palla diventa un problema: grazie alle 13.8 palle perse a partita subiscono in media quasi 17 punti per via dei turnover e sono secondi nella non lusinghiera classifica dei punti subiti sulle seconde chance, con 11.3.

Si concede troppo quindi agli avversari e si permette che queste concessioni diventino punti facili in transizione o nuovi tentativi sulle seconde palle, cosa che ha dato la possibilità a squadre di medio-bassa classifica di spadroneggiare sui malcapitati Nuggets.

Complessivamente il Defensive Rating non è assolutamente al livello delle prime della classe né avvicinabile a quello del campionato passato, da cui la squadra ha perso ben cinque posizioni.

MVP in progress

In tutto questo disastro però è sbocciato ancor più il valore aggiunto del roster, senza il quale sarebbero probabilmente ancor più nei bassifondi: Nikola Jokic.

Il centro serbo, generalmente uno dei più lenti ad entrare in ritmo, è partito fin da subito a marce altissime mettendo a referto prestazioni esagerate e iscrivendosi di diritto alla corsa per il premio MVP. In questa circostanza però il record di squadra è fondamentale e Joker non è certo aiutato dai pessimi risultati conseguiti finora, pur mantenendo un record positivo di 17 vittorie e 15 sconfitte.

Eletto titolare all’All Star Game, il ragazzone di Sombor sta tenendo medie impressionanti che corrispondono ai suoi personali career-high in tutte le principali voci statistiche: 26.9 punti, 10,9 rimbalzi, 8.4 assist tirando con il 56% dal campo e il 41% dall’arco. Per lui è anche arrivato il massimo in carriera per punti segnati in una partita, 50 punti nella sconfitta contro i Sacramento Kings.

Non si può dire quindi che la stella della squadra non stia facendo del suo meglio per portare a casa i risultati ma il problema di fondo rimane l’apporto del resto della squadra. Jamal Murray, altra stella del roster, sta tornando ai livelli mostrati nella bolla di Orlando ma il suo aiuto non è al momento sufficiente in un team abituato a fare affidamento anche sui comprimari.

Dove possono arrivare

Potenzialmente i Nuggets rimangono da prime quattro posizioni ad Ovest ma realisticamente arriveranno più in basso. Con il ritorno del pacchetto di infortunati Denver può sperare di alzare il record e riportarsi sul quinto/sesto posto, cosa che gli permetterebbe di evitare la fatica extra dei Play-In ma urge un cambio di passo immediato.

Alla squadra sembra mancare la fiducia nei propri mezzi e tiri che normalmente sarebbero entrati adesso si spengono sul ferro o nelle mani degli avversari. Il quintetto base cambia troppo spesso, sia per via delle defezioni sia probabilmente per un tentativo di trovare una quadra efficace tra gli interpreti e un senso di continuità nel gioco.

Sarà perciò fondamentale per Malone, Jokic e Murray indirizzare gli sforzi del roster dalla panchina e dal campo per raggiungere almeno l’obiettivo concreto della metà classifica e restituire ai tifosi in Colorado quella franchigia che tanto ha ben impressionato nelle ultime stagioni.

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