NBA, Hakeem Olajuwon: 59 anni del Sogno

Hakeem Olajuwon, uno dei lunghi più dominanti della storia NBA, spegne oggi cinquantanove candeline

Olajuwon in azione contro gli Spurs

Tutti si ricordano il Draft del 1984 perché ha introdotto in NBA l’icona per eccellenza della palla a spicchi, Michael Jordan. Se non fosse arrivato lui però sarebbe passato alla storia come il Draft che ha portato nella lega uno dei centri più forti e dominanti del panorama cestistico: Hakeem “The Dream” Olajuwon.

Phi Slama Jama

Akeem (sì, senza H, non è un errore) nasce a Lagos, in Nigeria. In Africa si avvicina al suo primo sport, il calcio, come tanti altri ragazzini che sognavano di sfondare per cercare fortuna altrove. Gioca come portiere, il fisico lo aiuta, impara a muoversi velocemente, ad avere ottimi riflessi per bloccare i tiri. Non sa in quel momento di star mettendo le basi per quella che diventerà una delle sue armi più micidiali.

Comincia a giocare a basket a 15 anni (anni dopo anche Joel Embiid, partito calciatore, si avvicinerà al basket alla stessa età) e si rende conto che è quello che fa per lui, quello che vuole fare per il resto della vita. Si sposta quindi a Houston per giocare al college nei Cougars, dove incontra un’altra stella del parquet, Clyde Drexler.

I due danno vita a quello che passerà alla storia come Phi Slama Jama, “la confraternita della schiacciata”. La spettacolarità della coppia e l’indiscusso talento non bastano però per vincere il campionato NCAA, nonostante Olajuwon vinca il premio di MVP e nel 1984 il lungo nigeriano si prepara al salto nei professionisti.

Prima scelta

Ci sono grandissime aspettative per una guardia di 1.98 da North Carolina ma Houston con la prima scelta va proprio a pescare il beniamino di casa Olajuwon, forte di una media collegiale di 13.3 punti, 10.7 rimbalzi e 4.5 stoppate ad allacciata di scarpe. La franchigia pone quindi le basi per un futuro roseo e lancia l’innovazione di giocare con due lunghi dalle caratteristiche simili. Akeem (sì, ancora senza H) si affianca a Ralph Sampson per formare le Twin Towers.

L’effetto Olajuwon si fa sentire: dopo appena un anno i Rockets raggiungono le Finals NBA dove trovano i Boston Celtics di Larry Bird. Nonostante una buona prestazione complessiva, le speranze di Houston si spengono alla sesta partita. Da lì, nonostante The Dream si consacri come uno dei migliori centri del panorama cestistico, la franchigia texana entra in una spirale di sconfitte al primo turno o uscite repentine ai Playoff fino al 1993.

Vuoto di potere

Al termine della stagione 92-93 Michael Jordan annuncia il suo ritiro dal basket per inseguire il sogno di giocare a baseball. I Bulls, fino a quel momento dominatori assoluti dei primi Anni ’90, lasciano quindi un vuoto di potere che tutte le squadre talentuose, lasciate fino a quel momento a bocca asciutta, non vedono l’ora di riempire.

Hakeem (sì, adesso con l’H, dopo la conversione all’Islam nel 1991) intanto si conferma come una stella assoluta, la media di 24 punti e 12 rimbalzi accompagnati da 3,4 stoppate e 2 palle rubate a partita lo inseriscono tra i giocatori più forti sui due lati del campo. Vince il premio di Difensore dell’Anno nel 1993 e si prepara a dare l’assalto al Larry O’Brien Trophy.

Il 1994 è un trionfo assoluto. Houston raggiunge le Finals dove incontra i New York Knicks di Pat Riley e vince una faticosa battaglia di sette partite. Arriva il primo titolo per i Rockets, il primo per Olajuwon che corona una decade nell’eccellenza NBA.

Non solo, quella stagione è stata anche l’apoteosi del successo individuale per The Dream, che realizza l’irrealizzabile: vince l’MVP, il DPOY e il Finals MVP, primo e al momento unico giocatore nella storia ad esserci riuscito.

L’anno dopo i Rockets si ripetono umiliando i giovanissimi Orlando Magic della coppia O’Neal-Hardaway. Per Hakeem arriverà “solo” il trofeo di Finals MVP ma Houston, e lo stesso centro, ormai godono di assoluto rispetto e timore reverenziale. Incontrarli ai Playoff non è più una passeggiata ma un ostacolo da superare con difficoltà.

La fine del Sogno

Dopo il biennio d’oro però i Rockets non riescono più a ripetersi. Michael Jordan e i Bulls tornano a dominare l’NBA, l’Ovest diventa territorio degli Utah Jazz e dell’asse “Stockton to Malone“. Nel frattempo Olajuwon, naturalizzato statunitense, vince l’oro olimpico con il Dream Team nel 1996 ad Atlanta. È l’ultimo premio da mettere in bacheca per Hakeem. Houston perde sistematicamente al primo turno e comincia anche a mancare i Playoff in una Western Conference sempre più combattiva.

Gli infortuni e l’avanzare del tempo tolgono a Olajuwon quell’aura di pericolosità assoluta che lo aveva contraddistinto fino a quel momento. L’arrivo di Drexler in squadra ha permesso di vincere il secondo titolo ma nulla più, e a niente è servito l’innesto di Charles Barkley per creare quello che sulla carta sarebbe stato un trio di rara qualità.

Decide quindi di svernare e chiudere la sua carriera in Canada, ai Toronto Raptors, con cui giocherà solo 61 partite.

Hall of Famer

I traguardi individuali e di squadra non potevano che garantirgli l’ingresso sicuro nella Hall of Fame, avvenuto nel 2008. Dal ritiro in avanti si è dedicato ad aiutare gli altri giocatori, centri e non solo, a migliorare il proprio gioco: il Big Man Camp ha avuto ospiti eccezionali ed illustri come LeBron James e Kobe Bryant e ha permesso a Olajuwon di tramandare il proprio gioco in post ad un’altra generazione di campioni. Anche se il Dream Shake, il suo gioco di piedi in post, è forse qualcosa di impossibile da raggiungere.

I suoi record sono:

  • Record NBA di stoppate: 3830
  • Unico giocatore a vincere MVP, Finals MVP e DPOY nella stessa stagione
  • Record per stoppate di media ai Playoff: 3,3
  • Record di 5×5 (5 punti statistici in 5 statistiche diverse) messi a referto: 6 (due volte 5×6)
  • Uno dei quattro giocatori a realizzare una quadrupla doppia: 18 punti, 16 rimbalzi, 10 assist e 11 stoppate
  • Dodicesimo marcatore All-Time: 26.710 punti
  • Miglior marcatore degli Houston Rockets

Ha chiuso la sua carriera con due titoli NBA, un trofeo MVP, due Finals MVP, due DPOY, dodici convocazioni come All Star, dodici volte negli All Team NBA. Sia i Rockets che i Cougars hanno ritirato la sua maglia numero 34.

Adesso si divide tra Houston, dove ha un ranch in perfetto stile texano, e la Giordania, dove si reca tutt’ora per continuare i suoi studi sull’Islam.

Il basket però è sempre nel suo cuore: in un’intervista qualche anno fa ha detto di aver capito appena presa la palla a spicchi che quella sarebbe stata la sua vita, la sua vocazione. E per festeggiare oggi il suo cinquantanovesimo compleanno non possiamo che ammirare quella che è stata la sua carriera: un sogno ad occhi aperti.

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