Sixers, Joel Embiid: la rivincita di The Process

In un processo che sembrava ormai fermo e statico da anni, Joel Embiid è oggi il più serio candidato al premio di MVP

Embiid in azione coi Sixers

“Trust The Process”. Sam Hinkie esordisce così nel 2013 da GM dei Sixers, parlando con fiducia del potenziale di una squadra che, fino a quel momento, di potenziale ne aveva fatto vedere poco. Dalle Finals del 2001, in cui ancora brillava la stella di Allen Iverson, Philly aveva collezionato sette apparizioni ai Playoff su undici stagioni, salutando quasi sempre al primo turno.

Si rifonda e come prima mossa al Draft 2013 Hinkie decide di selezionare Michael Carter-Williams come undicesima pick. Poco dopo verranno chiamati Giannis Antetokounmpo e Rudy Gobert. La prima stagione del GM termina con un bel 19-63. I tifosi cominciano a sudare freddo. Le speranze si riaccendono nel 2014 quando viene chiamato Joel Embiid come terza scelta assoluta. Il prodotto dei Jayhawks dura poco, una frattura da stress al piede lo costringe a guardare dalla panchina le sue prime due stagioni nei professionisti.

I record sono rispettivamente 18-64 e, rullo di tamburi, 10 vittorie e 62 sconfitte, uno di quei record che lasceresti volentieri ad altri: peggior stagione della storia NBA. “Trust The Process” sta cominciando ad invecchiare male come affermazione.

The Process…

Embiid torna nel 2016, gioca trentuno partite ma comincia a far vedere di che pasta è fatto: 20.2 punti, 7.8 rimbalzi, 2.1 assist e 2.5 stoppate a partita. La mano è più che discreta sia dalla media distanza che dall’arco, senza menzionare il dominio che impone sotto canestro. Il ragazzo però è discontinuo, alle volte quasi svogliato, ma è giovane e ancora non ha assaporato cosa voglia dire giocare contro i migliori.

Joel Embiid festeggia dopo un canestro
Joel Embiid festeggia dopo un canestro

E qui parte la seconda ondata di fiducia: “Trust The Process”. The Process diventa il soprannome di Joel, che raccoglie quindi i gradi di giocatore rappresentativo sia della squadra che del processo che dovrebbe compiere. Ma anche qui la stagione si chiude in un nulla di fatto, 28-54.

Arriva Ben Simmons, altra scelta promettente ma sfortunata, costretta a saltare la sua prima stagione. Al suo rientro i Sixers guadagnano un tuttofare che aiuta Embiid, già nominato All Star, a salire ulteriormente di livello: le medie schizzano a 27.5 punti e 13.7 rimbalzi a partita. La chimica tra i due però non è perfetta come molti vorrebbero far credere, gli occhi più esperti cominciano a vedere delle crepe in quel gioco tanto dinamico e apparentemente dominante, nonostante l’approdo a due semifinali di Conference, una persa in Gara 7.

Simmons non tira, attacca il ferro e occupa l’area, in teoria il terreno di caccia di Joel. Il centro camerunese è costretto spesso a giocare sull’esterno e, pur avendo un ottimo tiro dalla distanza, perde efficacia quando si tratta di inserirsi. Le medie crollano di nuovo: 23 punti nella stagione 2019-20 con la percentuale più bassa al tiro, appena sotto il 48%. Philadelphia viene spazzata via dai Celtics al primo turno dei Playoff, complice l’assenza di Simmons.

Per la scorsa stagione si sono trovate poche scuse: i Sixers erano a tutti gli effetti una contender, se non LA contender. Eppure sappiamo tutti com’è andata. Di nuovo una semifinale persa, di nuovo troppi dubbi e troppe crepe nel rapporto tra Simmons e Embiid.

Dove però l’australiano ha perso sempre più fiducia in sé stesso, il big man ha trovato la sua via. Qualcosa è scattato nella testa di Joel: ha giocato 51 partite sulle 72 disponibili per alcuni problemi fisici da monitorare, ma ogni volta che è sceso in campo lo ha fatto con la cattiveria agonistica che ci si aspetta da un giocatore del suo livello.

28.5 punti, 10.6 rimbalzi, 2.8 assist e 1.4 stoppate di media lo candidano di diritto al trofeo di MVP. I Sixers dominano la Eastern in stagione regolare e sembra ormai cosa fatta. Non è d’accordo un centro da Sombor, capace di frantumare record statistici individuali con la stessa facilità con cui manda a canestro i compagni: Nikola Jokic si aggiudica l’MVP, Philadelphia viene eliminata dalla modesta Atlanta e del “The Process” tanto decantato sembra ormai non esserci più traccia.

… oggi

Stagione 2021-22. Questa stagione, quella che stiamo tutt’ora vivendo. Per i Sixers è cominciata con un incubo: Simmons non si presenta agli allenamenti, lo spogliatoio sembra spaccato. Il record dopo venti partite è di 10-10, con cinque sconfitte consecutive in otto giorni.

Embiid non ci sta, a questo punto ne va anche della sua credibilità come giocatore. La stagione da MVP è stato un caso? L’ultima e unica cartuccia da sparare prima di tornare ad essere svogliato e discontinuo? Assolutamente no. Joel Embiid è un campione, è un dominatore e vuole continuare ad esserlo anche in condizioni avverse.

Macina risultati, macina vittorie e con il mercato di gennaio arriva anche la ricompensa per la sua perseveranza: James Harden si unisce ai Sixers per creare un duo piccolo-lungo che non si vedeva forse dai tempi di Kobe e Shaq. La strada da fare per raggiungere quel livello è lunghissima, ma per il basket attuale la coppia Harden-Embiid è paragonabile a pochissime altre.

E Joel continua tutt’ora a macinare.

La media realizzativa è la più alta in carriera, 29.8 punti medi, così come gli assist e le palle rubate a referto, 4.3 e 1.1. Le percentuali sono seconde solo allo scorso anno, e non tanto lontane: 48% dal campo, 36% da tre, 82% ai tiri liberi. A tutto questo unisce 11.3 rimbalzi e 1.5 stoppate ad allacciata di scarpe.

Ma, numeri eccellenti a parte, è l’atteggiamento che è cambiato: chiunque abbia visto qualche partita dei Sixers negli ultimi anni può notare lo stesso dominio ma non la stessa fame. Questo Embiid, quello visto negli ultimi due anni, non molla un centimetro, non si fa prendere dallo sconforto a metà partita per una brutta prestazione, è molto più consapevole dei propri mezzi e di cosa deve fare per migliorarli.

La facilità con cui realizza tiri in fadeaway dal mid-range è disarmante per un lungo, ed è quarto in una classifica di fenomeni della categoria come DeRozan, Durant e Booker: 44% complessivo entro l’arco, 74% attaccando il ferro. Un solidissimo 40% al jump shot.

Al momento è primo nella KIA Ladder MVP NBA, secondo nella classifica marcatori (distante appena 0.2 da LeBron James), i Sixers sono di nuovo (al momento) primi nella Eastern Conference e di nuovo candidati ad un posto di primo piano nei Playoff.

Con un Joel Embiid in questo stato di forma, Philadelphia può seriamente aspirare ad essere una contender credibile in post season, tenendo conto soprattutto che pochissimi giocatori sono in grado di contenere il numero 21 a livello fisico e tecnico.

La tavola a questo punto è apparecchiata, la squadra sembra essere solida e profonda e, se mai ce ne fosse stato bisogno, Embiid ha deciso di confermarsi come uno dei giocatori più forti e incontenibili del campionato più bello del mondo. Resta da vedere se riuscirà a fare il passo successivo, lo step in cui passerà dall’essere “uno dei giocatori più forti” ad essere “IL giocatore”. Trust The Process for MVP?

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