Celtics, Jayson Tatum: lavora sodo, gioca duro

Con i Celtics tra i primi ad Est e le migliori medie in carriera a dargli supporto, Jayson Tatum si candida di diritto ad un posto tra gli MVP di quest’anno

Tatum in azione con i Celtics

Guardando oggi le scelte al Draft 2017 ognuno di noi penserebbe ad un errore: in che mondo Jayson Tatum potrebbe mai finire dietro a Lonzo Ball e, ancor di più, dietro a Markelle Fultz?

Lonzo si è dimostrato comunque un ottimo giocatore, uno dei migliori difensori on ball del campionato e un costruttore di gioco di prim’ordine. Fultz, ad onor del vero, non ha avuto modo di esprimersi al meglio: i continui infortuni hanno condizionato rendimento e utilizzo, tanto da relegarlo ai margini delle rotazioni, sperando sempre di vederlo tornare al massimo della forma.

Detto questo comunque, per quanto abbiamo visto negli ultimi cinque anni, nessuno dei due si sarebbe comunque rivelato al pari del prodotto di Duke, tre volte All Star, All-Rookie e All-NBA. E, per quanto altalenante, il suo percorso lo ha portato ad essere oggi anche tra i candidati al premio di MVP.

Parlano i numeri

Dal suo ingresso in NBA i numeri di Tatum sono migliorati anno dopo anno con precisione matematica: punti, rimbalzi e assist, le principali voci statistiche, sono quest’anno al loro massimo. La partenza è stata di 13.9 punti, 5 rimbalzi e 1.6 assist; minutaggio basso direte voi? No, JT giocava comunque 30 minuti a partita.

L’impiego è stato fin da subito un fattore chiave: i Celtics avevano cominciato malissimo perdendo subito Gordon Hayward e l’erede naturale nel ruolo era il rookie. A dettare il ritmo della squadra era però Kyrie Irving. Tatum si è ritagliato quindi un ruolo da comprimario di lusso facendo intravedere cose molto interessanti.

Jayson Tatum e Kyrie Iriving in maglia Celtics
Jayson Tatum e Kyrie Iriving in maglia Celtics

Secondo anno, stessa storia: buon minutaggio, leggero aumento dei numeri (da 13.9 a 15.7 i punti) ma stesso ruolo di secondo violino. É con la partenza di Irving che Jayson raccoglie lo scettro e si prende la squadra: le medie schizzano a 23.4 punti, 7 rimbalzi e 3 assist, arriva la prima convocazione alla Gara delle Stelle e i Celtics arrivano alle Finali di Conference, perse in sei gare contro i Miami Heat.

La sensazione è che questa squadra giovane e compatta possa guadagnarsi i gradi molto in fretta, ed è stata quindi una grossa sorpresa lo scorso anno vederli uscire così presto: oltre a Tatum, di nuovo migliorato (26.4 punti, 7.4 rimbalzi, 4.3 assist), esplode definitivamente Jaylen Brown, anche lui convocato all’All Star Game. Il record però non è dei migliori e al primo turno Boston incontra Brooklyn, fresca della firma di James Harden. 4 a 1 senza possibilità di replica e l’ottimismo sui ragazzi comincia a diventare scetticismo.

“Il miglior Celtic di sempre”

“Ha i colpi per diventare probabilmente il miglior Celtic di tutti i tempi”. Investitura non da poco, considerando da chi è arrivata: Paul Pierce, uno che con i Celtics qualche soddisfazione se l’è tolta. E considerando anche chi è passato in quella squadra.

Al momento è il miglior realizzatore in partita singola della storia della franchigia, a pari merito con Larry Bird, con 60 punti. Delle dieci migliori partite di un Celtic, Tatum occupa quattro posti, tutti entro le prime otto posizioni. É giovane, perciò premi e titoli possono sempre arrivare sul lungo termine. Il miglioramento però è costante, così come la voglia di mettersi in gioco, di lavorare più duro degli altri, di prendersi la responsabilità quando conta.

Quest’anno la media è di 27.1 punti, 8.1 rimbalzi e 4.3 assist, la migliore in carriera complessivamente. Le medie realizzative sono in linea con quanto fatto negli ultimi anni, un buon 45%, migliorando però la media da dentro l’arco dei tre punti, 51%.

Ha più partite da 50 punti di quasi tutta la lega, a pari merito con mostri sacri come LeBron James, Kyrie Irving e Kevin Durant. Cinque partite sopra i 40 punti, ventisette sopra i 30. Le sue frecce sono ormai praticamente illimitate, essendo in grado di segnare da qualsiasi posizione.

Al momento è quarto tra i candidati al premio di MVP ma non sembra aver intenzione di fermarsi o farsi condizionare. L’obiettivo principale rimane sempre il titolo, non un premio individuale. I Celtics sono tra i primi nella Eastern Conference dopo una partenza a dir poco stentata, quattro vittorie nelle prime dieci gare, e la sensazione è che siano di nuovo la squadra quadrata e compatta che si era vista nella bolla di Orlando.

Però adesso non basta più: Tatum vuole l’anello, si prende più tiri, più responsabilità, è il faro attorno al quale si radunano i compagni, è già il giocatore più rappresentativo della storia recente dei Celtics, seppur con l’idea che si sia scalfita solo la superficie del suo straordinario talento. E quale miglior modo di tradurre tutto questo se non inserendo il ragazzo di St Louis nella corsa all’MVP?

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