La Trade di Fox è l’ennesima segnale di confusione dei Kings

Dalla trade di Fox, i Kings avrebbero potuto ottenere uno tra Castle, Vassell o Johnson rendendo futuribile. Hanno invece appesantito il quintetto con LaVine: in che direzione stanno operando?

USA TODAY - Domantas Sabonis seduto in panchina nel pre-gara di un match di Regular Season dei Sacramento Kings

Qual è la visione di Sacramento? È difficile trovare una risposta, ma il ritorno della Trade di De’Aaron Fox è un chiaro segnale che il Front Office sta perdendo il controllo della situazione.

Nonostante Zach LaVine stia disputando una delle migliori stagioni in carriera (24 punti di media, 51% dal campo, 45% da tre), la sua acquisizione è l’ennesima mossa sbagliata, oltre che quella che non renderà Sacramento più competitiva nella Western Conference.

I Kings non hanno ottimizzato la Trade di De’Aaron Fox come avrebbero dovuto e potuto. Le 6 pick ottenute in questo scambio non sono particolarmente preziose e Monk-DeRozan-LaVine-Sabonis è un quartetto di giocatori incompatibili tra di loro, del tutto votato all’attacco e che lascia molte lacune difensive.

La rinascita della franchigia si è interrotta al 1° Turno di Playoff della stagione 2022/23 – la prima in post-season dopo 16 anni di assenza. A seguire, poco nulla; anzi, solo una lenta regressione segnata da mosse complicate da decifrare come la firma di DeMar DeRozan e ora anche quella di Zach LaVine (90 milioni in due anni…).

Nella migliore delle ipotesi, i Kings disputeranno i Play-In o di nuovo il 1° Turno. Nella peggiore delle ipotesi – come i Bulls di LaVine e DeRozan due stagione fa – la dirigenza si accorgerà di dover smantellare e iniziare una nuova ricostruzione già nella prossima Regular Season.

Alla fine, chi ci ha guadagnato davvero, sono stati gli Spurs, che unendo De’Aaron Fox a Victor Wembanyama formano la coppia giusta per competere nel futuro immediato.

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