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Com’è cambiata la NBA dall’esordio di LeBron James a oggi

Dal post basso al tiro da tre, dai ruoli fissi alla versatilità assoluta: il basket moderno racconta un’evoluzione che corre parallela alla carriera di LeBron

È il 26 giugno 2003, siamo al Madison Square Garden e i Cleveland Cavaliers, con la prima scelta assoluta del Draft NBA 2003, selezionano il miglior prospetto della classe, proveniente dalla St. Vincent-St. Mary High School: LeBron James.

Le aspettative su di lui erano talmente alte che era già apparso sulla copertina di Sports Illustrated accompagnato dalla scritta “The Chosen One”, il Prescelto.

With the first pick in the 2003 NBA Draft the Cleveland Cavaliers select… LeBron James

David Stern

Con quella frase pronunciata dall’allora Commissioner NBA, iniziò ufficialmente l’avventura di LeBron James con i Cleveland Cavaliers. Qualche domanda sorge spontanea: com’era messa la franchigia dell’Ohio prima del Draft? E, soprattutto, come si è evoluto il basket NBA in questi 22 anni?

I Cavs prima di LeBron

Prima dell’arrivo di LeBron James, i Cleveland Cavaliers erano una squadra in piena ricostruzione, una delle peggiori della NBA. La stagione 2002/03 fu disastrosa dal punto di vista dei risultati, ma fu cruciale per assicurarsi la prima scelta assoluta al Draft.

I Cavaliers conclusero la stagione con un bilancio decisamente negativo di 17 vittorie e 65 sconfitte, il peggiore della Eastern Conference e dell’intera lega, a pari merito con i Denver Nuggets. Quell’anno di transizione permise alla franchigia di ottenere la miglior probabilità (22,5%) di vincere la Draft Lottery e selezionare la stella di casa, LeBron James, in un Draft passato alla storia come uno dei più ricchi di talenti.

Il roster pre-LeBron era un mix di giovani, veterani in declino e un centro solido che divenne un punto fermo: Zydrunas Ilgauskas. Il miglior giocatore offensivo della squadra era Ricky Davis, talentuoso ma altrettanto noto per il suo ego – celebre l’episodio in cui tentò di completare una tripla doppia tirando verso il proprio canestro a fine partita.

Il roster dei Cavaliers includeva inoltre diversi giovani che non erano riusciti a rispettare le aspettative iniziali, come Darius Miles, Chris Mihm e DaJuan Wagner. La squadra mancava di una vera identità e viveva in una costante instabilità tecnica: in quella stagione si alternarono in panchina John Lucas e Keith Smart.

Era evidente che Cleveland avesse bisogno di una superstar capace di cambiare il destino della franchigia e riportarla rapidamente ai vertici.

La fine di un’era

Quella NBA dei primi anni di LeBron era molto diversa da quella odierna, segnata da uno stile di gioco più fisico.

Era l’epoca della cosiddettaDead Ball Era”: un gioco più lento e difensivo rispetto alla “Pace and Space” attuale. Si tirava molto meno da tre punti e si privilegiavano conclusioni dalla media distanza, gioco in post e penetrazioni. Il basket era decisamente più fisico e i fischi arbitrali meno frequenti rispetto a quelli, spesso immediati, a cui siamo abituati oggi.

Anche per questo, i punteggi medi dell’epoca erano più bassi rispetto a quelli odierni – basta pensare che nel 2003 la squadra con il miglior attacco erano i Dallas Mavericks con 105.2 punti segnati di media.

Inoltre, ci fu un evento significativo: il ritiro definitivo di Michael Jordan, avvenuto il 16 aprile 2003, appena sei mesi prima dell’esordio di LeBron. La NBA si ritrovò improvvisamente senza la sua figura più iconica e iniziò a cercare disperatamente un nuovo volto, un erede capace di raccoglierne l’eredità. Tutta quella pressione finì inevitabilmente sulle spalle di LeBron James.

Lo stile di gioco

Il cambiamento più profondo è l’ossessione per il tiro da tre punti, accompagnato dalle penetrazioni al ferro. Sono poco utilizzati i tiri dalla media distanza e il gioco in post, entrambi molto utilizzati nel gioco dei primi anni 2000.

Nel 2003-2004, le squadre tentavano in media circa 14-15 triple a partita. Oggi, le squadre hanno una media che si aggira attorno alle 35-37 triple tentate a partita. Il giocatore che ha messo il punto esclamativo su questa questione è proprio Stephen Curry, entrato nella lega nel 2009. Con il tempo è arrivato a tirare più di 10 triple a partita, diventando un esempio per gli altri giocatori.

L’abilità di segnare in questa lega è incredibile. La linea dei tre punti ha cambiato completamente la matematica del gioco. È un gioco completamente diverso.

Steve Kerr

Altra questione fondamentale è lo Spacing. Per creare spazio per le penetrazioni e le triple, i giocatori si posizionano sul perimetro allargando l’area, non più intasata, e rendendo molto più facili le penetrazioni e gli eventuali scarichi da tre punti.

Il ruolo del centro

Cambia anche il ruolo dei Big Men. I centri dominanti in post basso, come Shaquille O’Neal o Hakeem Olajuwon, sono quasi scomparsi. Tenere un lungo spalle a canestro congestiona troppo l’area e compromette lo spacing. I lunghi moderni devono saper tirare, per costringere il difensore a seguirli fuori e aprire così gli spazi. Se non tirano, devono essere eccellenti playmaker aggiunti, capaci di gestire l’attacco lontano da canestro. In difesa, invece, devono essere agili: pronti a cambiare marcatura e uscire sul perimetro.

Cambiano i ruoli – anzi, non esistono più. Il centro può portare palla come un’ala, tutti possono tirare da tre punti e quasi chiunque è in grado di difendere su giocatori di posizioni diverse. È il trionfo della versatilità totale. Il ritmo di gioco aumenta: è più frenetico, più istintivo, e questo porta a un numero maggiore di possessi e, di conseguenza, a punteggi più alti. Il giocatore non ragiona secondo schemi prestabiliti, ma prende decisioni in tempo reale, seguendo la lettura immediata della situazione.

Un gioco con meno contatto

L’obiettivo principale dei cambiamenti introdotti dalla NBA in questo periodo è stato quello di aumentare il punteggio, esaltare il giocatore individuale e migliorare la fluidità e il ritmo delle partite.

Per la stagione 2004-2005 c’è stato un cambiamento radicale: addio all’Hand-Checking. I difensori non possono più usare le mani e gli avambracci per impedire o rallentare il movimento degli attaccanti. Questo ha favorito gli scorer atletici e veloci, dando a loro libertà di penetrare e il gioco uno-contro-uno è diventato molto più efficace.

Dopo le Finals [del 2004], mi sono seduto con la lega e ho discusso con loro la differenza tra vantaggio del giocatore e vantaggio della squadra. La discussione ha portato a modificare le regole in modo che il contatto sul perimetro venisse fischiato molto più spesso

Mark Cuban

Gli arbitri sono tenuti a fischiare qualsiasi contatto che ostacoli il movimento o l’equilibrio dell’attaccante, contribuendo all’aumento sproporzionato dei tiri liberi: i difensori devono ora essere bravi nella velocità degli scivolamenti laterali.

Il problema del tempo

Uno dei problemi più significativi della NBA sono le pause, troppo lunghe e noiose per chi ha intenzione di assistere televisivamente ad una partita. Potrebbe sembrare strano, ma nel 2017 il numero totale di timeout è stato ridotto da 18 a 14 e negli ultimi tre minuti ogni squadra è limitata a 2 timeout, così da rendere i finali di partita più veloci e meno interrotti.

Il vero problema sta nel fatto che le interruzioni sono troppo lunghe (fino a 2 minuti per timeout), ma soprattutto ci sono due interruzioni pubblicitarie per ogni quarto, che hanno una durata notevole per via degli interessi economici. Questo crea una difficile attenzione da parte dello spettatore e del suo interesse.

Altro cambiamento attuato nel 2018 è lo shot clock offensivo a 14 secondi, dopo un rimbalzo in attacco. Aumenta il ritmo d’attacco e forza la squadra a velocizzarsi per cercare un canestro.

Integrità del gioco

La lega è intervenuta per punire il gioco pericoloso e scoraggiare tattiche come i falli intenzionali o il flopping. Dal 2022 è stata introdotta una penalità specifica per i falli commessi con l’unico scopo di fermare un contropiede senza tentare di giocare la palla: tiro libero e mantenimento del possesso. L’obiettivo è eliminare i falli antisportivi e favorire lo spettacolo delle azioni in transizione.

La tecnologia

Proprio l’uso della tecnologia ha trasformato l’arbitraggio. Nel 2009 è stato introdotto l’Instant Replay, e con il passare degli anni il suo utilizzo è aumentato fino a diventare un elemento cruciale, gestito oggi da un centro operativo centralizzato – il Replay Center – che assiste gli arbitri sul campo. Lo strumento viene impiegato per verificare se un tiro è da due o da tre punti, chiarire la natura di un fallo, e determinare correttamente rimesse e possessi.

Guardando indietro, la storia della NBA degli ultimi vent’anni è, in fondo, anche la storia di LeBron James. La lega è cambiata in ogni sua dimensione – dal ritmo alle regole, dalla tecnologia al modo di interpretare i ruoli – e lui è stato sempre lì, al centro di tutto, simbolo di adattamento e longevità. Che decida di continuare ancora o di fermarsi, l’impronta che ha lasciato resta incisa nella trasformazione stessa del gioco: un’evoluzione che porta il suo nome tanto quanto quello della NBA moderna.

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