Steph Curry rilancia i “nuovi” GSW: “Non bisogna temere i cambiamenti”
Dopo una giornata piena di tensioni e confronti, Curry e Butler guidano la risposta dei Warriors: vittoria a San Antonio e segnali di vita da una squadra che aveva bisogno di un reset
Dopo la batosta rimediata a Oklahoma City, i Golden State Warriors si sono ritrovati davanti a un bivio: lasciarsi trascinare verso la spirale negativa che li stava risucchiando o reagire immediatamente. A San Antonio hanno scelto la seconda strada – e l’hanno fatto aggrappandosi al loro faro più affidabile.
Stephen Curry, reduce da una mini-crisi personale e da una serata da 11 punti contro i Thunder, ha risposto con una prova di quelle che zittiscono qualsiasi dubbio: 46 punti totali, 22 solo nel terzo periodo, e una vittoria per 125-120 sugli Spurs che ha restituito ossigeno a un gruppo reduce da sei sconfitte esterne consecutive.
Paradossalmente mi ha rimesso in ritmo dopo i giorni fermo per la malattia
Steph Curry sulla gara con OKC
Per Curry è stata la 73esima gara in carriera oltre quota 40. Ancora più significativo: la 43esima dopo i 30 anni, numeri che lo mettono dietro solo a Michael Jordan. Da fuori può sembrare routine, come ha commentato Steve Kerr, ma per Golden State questa serata aveva il peso di un crocevia.
Una reazione obbligata
Il crollo contro Oklahoma City non aveva lasciato semplici strascichi tecnici. Tra dichiarazioni che mettevano in dubbio la concentrazione del gruppo – Draymond Green in primis – e lo sguardo severo di Kerr, la squadra ha passato la giornata di mercoledì a confrontarsi duramente tra riunioni video e discussioni interne.
Nessun panico, ha assicurato il coach, ma un’esigenza chiara: ritrovare un’identità diventata troppo sfocata nelle ultime settimane.
Dopo la partita con OKC eravamo imbarazzati. Dovevamo ritrovare chi siamo. Stasera mi è sembrata di nuovo la nostra squadra
Steve Kerr
Tra le ipotesi valutate c’era persino l’idea di far riposare Curry, Jimmy Butler e Green nel back-to-back. Tutti e tre hanno rifiutato: dopo una figuraccia, nessuno voleva tirarsi indietro.
Con il via libera dello staff medico, Kerr ha ridisegnato lo starting five, inserendo Moses Moody e il rookie Will Richard al posto di Kuminga e Post per dare più spaziature a Butler e fluidità a Curry.
Quando perdi, devi capire cosa sta succedendo. Non devi avere paura dei cambiamenti
Steph Curry
Partenza disastrosa, terzo quarto da scintille
L’inizio è stato un incubo: 14 punti nel primo periodo, 4 tiri da due tentati, 14 triple sbagliate, -16 sul tabellone. Ma con Curry è spesso questione di un attimo. E infatti il terzo quarto è stato il momento della frattura: 22 punti in dodici minuti, ritmo altissimo, leadership totale.
Quando è uscito, Golden State era avanti. Butler ha fatto il resto, guidando il gruppo con lucidità e segnando cinque triple dopo un novembre in cui non ne aveva infilata nemmeno una. Il suo tiro pesante su Wembanyama nel finale ha messo il punto esclamativo su una prova da 26 punti, 6 rimbalzi e 8 assist.
“Sentiva di nuovo come la nostra squadra”
Per Kerr questa è stata la partita in cui il gruppo ha ricominciato a muoversi come una squadra vera: comunicazione più chiara, responsabilità condivisa, meno ego, più struttura. Ha ricordato ai suoi come anche la squadra del titolo 2022 attraversò un mese nero prima di ritrovare la rotta.
Curry, alla fine, ha ridotto tutto a una scala da 1 a 10 sul livello di crisi vissuto nelle ultime 24 ore. La sua risposta? “Un quattro”. Un modo elegante per dire che Golden State ha affrontato problemi ben più grandi — e che con prestazioni come questa, la notte di San Antonio può diventare un nuovo punto di ripartenza.