NBA, Pau Gasol: dagli esordi al ritiro

Dopo una carriera straordinaria tra Europa, Nazionale e NBA, Pau Gasol ha annunciato il suo ritiro e noi vogliamo omaggiarlo ripercorrendo i suoi passi

Pau Gasol annuncia il ritiro

I campioni non giocano per sempre. Arriva un momento in cui per età, per necessità o semplicemente per chiudere in bellezza, decidono di appendere le scarpe (o in questo caso la canotta) al chiodo. Lo fanno lasciando un vuoto consapevole nei tifosi, vuoto che viene poi colmato dal ricordo di quello che hanno fatto in campo e, nel suo caso, anche con chi lo hanno fatto. Kobe Bryant disse:

Il giorno in cui si ritirerà, Pau avrà la sua maglia appesa affianco alla mia: non avrei vinto quei titoli senza di lui, lo so io e lo sanno tutti

Kobe Bryant

Quel giorno è arrivato. Pau Gasol ha ufficialmente annunciato il ritiro dalla pallacanestro dopo un’ultima, breve comparsata con la maglia del Barcellona, squadra che nel 1999 lo aveva lanciato nel basket professionistico. Da lì in avanti è partita una carriera straordinaria che ha avuto il suo apice nei due titoli coi Lakers di cui ha parlato Kobe fino ad oggi, fino al suo addio alla palla a spicchi. Ma andiamo con ordine…

Barcellona, casa

Figlio di Barcellona, Pau nasce nel capoluogo catalano da genitori medici: il padre infermiere e la madre internista trasmettono la passione per il loro mestiere al ragazzo che crescendo tenterà di seguire le orme parentali studiando medicina all’università. Per lui e il fratellino Marc però gli Dei del basket hanno altri piani.

Gasol si avvicina alla palla a spicchi a scuola dove l’allora modesta altezza (1.85 m, chiamala modesta) gli permette solo di giocare come playmaker. Trasferitosi poi nella prima squadra del Barcellona nel ’97, esordisce coi blaugrana nel gennaio del ’99, mettendoci davvero poco a conquistarsi di diritto il ruolo di leader in campo e vincendo il premio di MVP della Liga, oltre a tre campionati e una Copa del Rey.

Paul Gasol in maglia Barcellona
Paul Gasol in maglia Barcellona

Il successo nel campionato spagnolo lo fa conoscere oltreoceano e Pau decide nel 2001 di compiere il grande salto e approdare in NBA. Per farlo interromperà gli studi di medicina dedicandosi interamente alla pallacanestro. Con discreto successo, aggiungerei.

“With the third pick….”

Viene scelto come numero 3 assoluto al Draft NBA 2001, diventando il giocatore non americano scelto più in alto in un qualsiasi Draft fino a quel momento. La scelta fu fatta dagli Atlanta Hawks che lo girarono immediatamente ai Memphis Grizzlies per Shareef Abdur-Rahim.

A Memphis Pau trova subito la sua dimensione dimostrandosi uno dei migliori prospetti della lega nonché una delle migliori scelte. Non viene considerato il migliore in assoluto solo perché insieme a lui, sempre dall’Europa, è arrivato un certo Tony Parker. Il primo anno di Gasol culmina poi con il premio di Rookie of The Year, interrompendo un’egemonia assoluta degli americani diventando il primo non statunitense a vincere il premio.

Pau Gasol in maglia Grizzlies
Pau Gasol in maglia Grizzlies

I sette anni successivi nei Grizzlies lo consacrano come uno dei migliori giocatori della lega, includendolo anche nelle convocazioni All Star del 2006. Una bella annata e una bella soddisfazione. Ma non è stata sicuramente la soddisfazione più grande di quella stagione.

Roja y Oro

Nell’estate del 2006 prende parte alla spedizione spagnola alla conquista del Mondiale in Giappone insieme al fratello Marc e alla migliore squadra che la Roja possa schierare. Il risultato è un successo schiacciante.

Gli spagnoli si mettono dietro tutti gli avversari sotto la guida di Pau, ormai volto e ambasciatore del basket spagnolo nel mondo: il ragazzo di Barcellona non delude affatto, tenendo una media di 21.2 punti, 9.4 rimbalzi e 1.4 assist con il 66% del campo in tutta la competizione. Inutile dire che oltre alla medaglia d’oro Gasol si porta a casa il premio di MVP della competizione.

Pau Gasol con la nazionale spagnola
Pau Gasol con la nazionale spagnola

Gasol, il gialloviola

Con una mossa fatta per convincere Kobe Bryant a restare ai Lakers e a dare alla franchigia un giocatore di qualità assoluta, i gialloviola ottengono Pau nell’inverno del 2008 in uno scambio per giocatori e scelte. La mossa si rivela subito azzeccata: i Lakers balzano dalla mediocrità allo stato di contender e si aggiudicano la vetta della Western Conference.

Da lì alle Finals è una cavalcata di quindici partite, con un record di 12-3. Ad aspettarli al varco però ci sono i rivali di sempre, più agguerriti che mai: i Boston Celtics di Garnett, Pierce, Allen e Rondo. I biancoverdi sono la miglior squadra della lega e ci mettono davvero poco a dimostrarlo anche agli avversari storici. 4 a 2, serie chiusa e anello in Massachussets. Quello che però prende vita da questa sconfitta nello spogliatoio losangelino è qualcosa che l’NBA farà fatica ad arginare.

Bryant e Gasol, perfettamente in sintonia dentro e fuori dal campo, si ripromettono di non subire più una sconfitta del genere e l’annata 2008-09 lo mostra immediatamente. Dominio assoluto in regular season con 65 vittorie e di nuovo percorso netto fino alle Finals dove troveranno i sorprendenti Orlando Magic di Dwight Howard e Jameer Nelson. I Magic hanno talento da vendere ma non hanno quello che serve per contenere i Lakers: Bryant è spinto dal furore agonistico, abbracciato appieno da quello che arriverà a considerare suo fratello, amico, miglior compagno. Gasol viaggia a 18.5 punti e 10.8 rimbalzi di media e aiuto Kobe a chiudere la pratica.

I Lakers sono campioni, è il primo titolo per Gasol, un’emozione stupenda che sembra mettere la ciliegina su una carriera già di per sé eccellente. Non sarà l’ultima soddisfazione, affatto.

Bryant e Gasol nel 2009
Bryant e Gasol nel 2009

L’anno successivo segue la stessa falsa riga dei due precedenti: dominio in regular, tetto della Western, Finals. L’appuntamento però è diverso, ci sono di nuovo i Celtics per sette gare al sapor di rivincita. La serie è spettacolare, un duello all’ultimo sangue tra due forze inarrestabili che giunge, come nei migliori romanzi, al capitolo finale e decisivo. Gara 7 a Los Angeles.

Le star sono esauste, i tiri imprecisi, l’unica cosa che tiene a galla le due squadre è l’intensità e la voglia di prevalere sugli altri. Dopo tre quarti sul filo dell’equilibrio è proprio Gasol che toglie d’impaccio i Lakers con giocate decisive nell’ultimo periodo. I punti e i rimbalzi alla fine saranno 19 e 18 e per Pau questo significherà il secondo anello.

Gli ultimi anni

Arrivato nel 2014 a sentirsi un peso per la franchigia, Gasol lascia i Lakers per approdare ai Chicago Bulls, dove rimarrà per due anni senza eccessive fortune di squadra. Farà comunque molto bene a livello individuale, riscrivendo il suo career high con 46 punti e realizzando 54 doppie doppie nella stagione 14-15. Da qui parte un carosello di spostamenti, prima ai San Antonio Spurs dove rimarrà per tre anni, poi ai Blazers e ai Bucks. Gli infortuni e l’età lo portano però ad essere sempre più a margine dei vari progetti, nonostante una professionalità esemplare lo metta sempre a disposizione delle direttive dei coach.

Chiusa la parentesi NBA prova nel gennaio di quest’anno a rientrare nel basket giocato chiudendo il cerchio della sua carriera nella squadra che lo ha fatto esordire coi pro, il Barcellona. Con i catalani gioca sette partite con scampoli di pochi minuti, cosa che lo convincerà a chiudere con la pallacanestro a 41 anni.

Il ritiro

E arriviamo ad una settimana fa, 5 ottobre 2021, giorno in cui Pau dà ufficialmente l’addio. Lo fa con l’emozione di chi chiude un capitolo fondamentale della propria vita, con la voce spezzata quando ricorda Kobe, un fratello, commemorato anche nel nome della figlia Elisabet Gianna (in onore della piccola Gianna Bryant) di cui Vanessa Bryant è anche madrina. Un rapporto che ha toccato Pau nel profondo e che lo ha accompagnato fino alla prematura scomparsa dell’amico fraterno e oltre.

Pau Gasol chiude la sua carriera e lo fa con la stessa eleganza e professionalità che lo hanno contraddistinto da giocatore, quasi come se il suo palmares pesasse poco. Palmares che, lo ricordo, conta due titoli NBA, il ROTY 2001, 11 medaglie tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Chiude come uno dei più forti giocatori europei che abbiano calcato il parquet. Chiude come una leggenda dei Lakers, la cui maglia campeggerà nell’alto dello Staples Center. Chiude come Pau, il ragazzo che studiava medicina, che ama l’opera e il teatro e che guarderà sempre il basket con amore. Chiude con la pallacanestro anche se lei non chiuderà mai con lui.

Gracias Pau.

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