Dal dolore al ritorno: la rinascita di Jayson Tatum dopo l’infortunio al tendine d’Achille

La notizia terribile dell’infortunio di Jayson Tatum ha cambiato le prospettive dei Boston Celtics, anche per la prossima stagione NBA

Jayson Tatum con la maglia dei Boston Celtics

La sera del 13 maggio 2025, con 2’58” da giocare in Gara 4 contro i New York Knicks, Jayson Tatum è crollato sul parquet del Madison Square Garden. È successo tutto in un attimo. Si teneva con sofferenza la parte posteriore della gamba destra ed è stato portato subito fuori.

Il giorno dopo, l’ecografia e la risonanza magnetica hanno dato la brutta notizia: rottura completa del tendine d’Achille destro. Il 14 maggio è stato operato d’urgenza a New York. L’intervento è andato bene, ma la stagione ormai è finita e non sappiamo se riusciremo a rivedere prima del prossimo autunno.

In questo articolo vediamo più nel dettaglio cosa è successo, che tipo di percorso riabilitativo sta facendo Jayson Tatum e, più o meno, quando tornerà a giocare.

L’infortunio: Dinamica, diagnosi e primi effetti sul gruppo

Il momento fatale è arrivato in un’azione senza contatto. Tatum si è lanciato su un pallone vagante, ha sentito scattare il polpaccio e si è accasciato. Si è coperto il volto con le mani mentre i compagni lo accompagnavano fuori in sedia a rotelle.

Il giorno dopo, lo staff medico dei Celtics ha comunicato la lesione totale del tendine e l’immediata necessità di chirurgia, eseguita dal dottor Martin O’Malley. A caldo, alcune voci di spogliatoio hanno raccontato un clima da fine corsa, con Jaylen Brown costretto a prendersi la squadra sulle spalle e il general manager Brad Stevens a spiegare che non esiste ancora una tabella di marcia ufficiale per il ritorno.

Statisticamente, la perdita è enorme: nelle otto partite di playoff disputate prima dello stop, Tatum viaggiava a 28,1 punti, 11,5 rimbalzi e 5,4 assist di media. Senza di lui, Boston ha fatto fatica a superare i 105 punti di efficienza offensiva nei due match successivi, un calo di quasi otto punti rispetto alla regular season. Dominique Wilkins, che visse lo stesso incubo nel 1992, gli ha già consigliato di non avere fretta di rientrare per evitare delle ricadute.

Basket oltre il parquet: La passione NBA è anche digitale

L’eco dell’infortunio si è propagata ben oltre le cronache sportive. Le community online, i forum e persino il mondo del gaming hanno reagito al colpo di scena. In Nuova Zelanda, ad esempio, la piattaforma Kiwislots.nz racconta ogni settimana come la passione per l’NBA possa vivere anche davanti allo schermo.

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Il percorso di riabilitazione: Tecnologia, tempi e tappe intermedie

Le linee guida attuali parlano di un recupero compreso fra i 7 e i 18 mesi, con una media che oscilla intorno a 10-12 mesi per gli esterni NBA. I Celtics hanno impostato un protocollo che abbina:

  • Utilizzo quotidiano di antigravity treadmill per caricare in assenza di forza
  • Sessioni di blood-flow restriction in piscina che servono a stimolare la muscolatura del polpaccio riducendo il carico meccanico
  • Analisi biomeccanica 3D per correggere le eventuali asimmetrie prima del ritorno alla corsa.

L’obiettivo, trapelato dal padre di Tatum, è un rientro non oltre l’All-Star break di fine febbraio 2026. Un’ipotesi un po’ ottimistica secondo gli esperti ma non impossibile grazie ai progressi della chirurgia mini-invasiva. Del resto, la letteratura racconta che il 72,3% dei giocatori NBA torna a calcare il parquet dopo una riparazione del tendine d’Achille.

Per limitare questo calo, lo staff ha coinvolto un neuromotricista francese già al lavoro con Kevin Durant. Punta su degli esercizi di reaction time senza salto, mentre l’agenzia di Tatum ha ingaggiato un nutrizionista per aggiustare l’apporto proteico e favorire la sintesi del collagene.

La scelta di restare a Boston per gran parte della riabilitazione, invece che negli impianti di Los Angeles, sottolinea la volontà di mantenere un filo diretto con i compagni.

Il futuro in campo: Scenari, statistiche e impatto sulle ambizioni dei Celtics

La domanda di fondo è se Tatum riuscirà a tornare lo stesso giocatore da top-5 MVP. Gli studi indicano che solo un atleta su quattro raggiunge i livelli pre-infortunio dopo un anno, ma i casi di Wilkins e, più di recente, di Kevin Durant dimostrano che l’eccezione è possibile.

Boston, intanto, ha già subito le conseguenze sul piano del mercato. Le quote titolo per il 2025-26 hanno spinto i biancoverdi al nono posto, un tonfo impensabile dodici mesi fa quando partivano da campioni in carica.

Stevens ha promesso di non forzare il calendario e di tenere aperto il posto a roster finché necessario. Ma ha anche ammesso che l’eventuale slittamento dell’esordio potrebbe cambiare le strategie di free agency sui veterani con dei contratti brevi.

Qualora la tabella dei nove mesi venisse rispettata, Tatum tornerebbe a stagione in corso con dei minuti limitati e un usage ridotto del 12% nei primi venti incontri. Poi, pian piano si rimetterebbe in linea con la media carriera a fine annata.

In caso di ritardo, non è escluso che i Celtics scelgano di puntare direttamente ai playoff 2026, trasformerebbero la regular season in un laboratorio tattico attorno a Brown, Holiday e Porziņģis.

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