I delicati equilibri economici della WNBA
Per la prima volta nella sua storia la WNBA chiuderà la stagione in attivo, aprendo le porte ad uno scenario conflittuale con le giocatrici
Nel giorno in cui la WNBA inizia a intravedere la luce in fondo al tunnel – grazie alle stime di un report ufficiale che la proietta verso oltre 100 milioni di utile – proviamo a fare chiarezza sulla struttura proprietaria, tanto particolare quanto intricata, del massimo campionato sportivo femminile al mondo.
Pur essendo un’associazione privata infatti, la lega non possiede neanche la maggioranza delle proprie azioni: a causa dei debiti contratti dal giorno della sua fondazione, la WNBA si è vista costretta a cedere il 58% dei diritti ad enti esterni, che hanno immesso le quantità di denaro necessarie per evitare il fallimento.
Nello specifico, il 42% del totale appartiene ai cugini della NBA, che hanno investito sin dal principio nella sezione rosa della pallacanestro americana e ne hanno saldato i passivi al termine di ogni stagione, mentre il restante 16% appartiene ad una cordata di investitori esterni, da tempo in attesa di far fruttare le proprie azioni.
A livello interno, tutto ciò costituisce una pesantissima spada di Damocle sulla WNBA: le recenti proteste dell’Associazione Giocatrici, che mirano ad una spartizione degli introiti simile a quanto avviene in NBA (dove addirittura il 50% spetta ai giocatori) risultano lecite in termini di appeal, ma del tutto inverosimili, visto che nemmeno l’intera lega stessa possiede la propria metà del patrimonio.
Attualmente, alle giocatrici spetta appena il 9,3% dei ricavi totali – una percentuale talmente bassa da aver lasciato senza parole anche Shaquille O’Neal. Una quota decisamente insufficiente se rapportata all’enorme contributo in termini di visibilità che garantiscono, soprattutto considerando che molte di loro stanno diventando vere e proprie superstar sui social media.
Pensare di pagare così poco una Caitlin Clark o una Paige Bueckers – che stanno riscrivendo ogni giorno la storia del gioco a suon di record e sono ormai icone universalmente riconosciute, nonostante la giovanissima età – mette in crisi l’intero sistema finanziario della WNBA.
In questo contesto, risulta molto più conveniente sistemarsi economicamente al college grazie agli accordi NIL, piuttosto che lanciarsi verso il campionato maggiore, come ha dimostrato la stellina delle Dallas Wings.
La forte crescita economia di questa stagione rappresenta un’opportunità significativa per ricomprare, nel giro di qualche anno, una fetta sempre maggiore della proprietà e riprendersi in mano il proprio destino. Ma il presente incombe: l’intera WNBPA è arrivata al punto di minacciare un lockout come forma di sciopero, rischio che potrebbe minare ulteriormente un equilibrio già di per sé sottilissimo e precario.