NBA Salary Cap, cos’è e come funziona

Che cos’è il Salary Cap NBA? E come funziona? Per capire il mercato NBA è fondamentale conoscere il significato di questo ternime

Rich Paul e Rob Pelinka, GM dei Lakers, seduti a bordo campo

Nella nostra Guida Completa al Mercato NBA abbiamo affrontato il tema della Salary Cap, termine che è collegato soprattutto notizie di mercato NBA, scambi di giocatori o nuovi contratti.

Questo, insieme al meccanismo del Draft, è uno strumento fondamentale per mantenere equilibrio tra le squadre della lega ed evitare che i giocatori migliori si concentrino in poche squadre più ricche.

Cos’è il Salary Cap?

Salary Cap significa tetto salariale ed è la somma di denaro di cui ogni società dispone per pagare gli stipendi dei giocatori in roster.

Questa cifra, che cambia di poco da squadra a squadra, permette che non ci sia un grosso squilibrio tra le franchigie; in questo modo, almeno in teoria, le squadre più blasonate non sono avvantaggiate rispetto ai team più “piccoli”.

Per la stagione 2022/23 il Salary Cap è stato impostato a 123.667 milioni di dollari.

Cos’è il Salary Floor?

Il Salary Floor, invece, è un limite minimo del monte ingaggi che ogni squadra è obbligata a raggiungere per partecipare al campionato NBA. In sostanza ogni franchigia deve garantire di spendere una somma minima in ingaggi, che è definita nel 90% del Salary Cap (ovvero $ 111.300 milioni nel 2022/23).

In caso di mancato raggiungimento del Floor, la squadra viene obbligata a distribuire il disavanzo ai giocatori in roster.

Come funziona il Salary Cap?

Ogni anno viene stabilito un nuovo tetto massimo basandosi sui guadagni della stagione precedente e sul Collective Bargaging Agreement. Questo è un contratto che viene stipulato tra i giocatori e la dirigenza NBA e stabilisce delle regole precise sull’ammontare del tetto salariale, sullo stipendio minimo e sui contratti dei Free Agent (cos’è la Free Agency).

Rispetto ad altre leghe come NFL, MLB, NHL e MLS, in NBA si parla di Soft Cap, in quanto esiste la possibilità di sforarlo prima di incorrere in sanzioni.
La sanzione è definita Luxury Tax e prevede una multa incrementale in base all’entità dello sforamento e il blocco del mercato in casi estremi con il Luxury Tax Apron.

Nel 2022/23 la Luxury Tax Line, ovvero la soglia oltre cui scatta la multa, è stata fissata a 150.267 milioni di dollari, circa 27 milioni oltre il Salary Cap, evidenziando a tutti gli effetti la definizione di Soft Cap.

Quindi, nella NBA non è impossibile costruire una squadra vincente partendo dal basso: le regole del Salary Cap permettono di farlo attraverso una pianificazione più a lungo termine e una buona dose di occhio e fortuna nella scelte al Draft.

Un caso estremamente esemplificativo sono i Golden State Warriors.

Il Caso Golden State Warriors

Annoverati tra le migliori squadre di sempre, i Golden State Warriors hanno dominato il quinquennio che va dal 2014 al 2019. In tanti l’hanno definita come team “illegale”: in termini di gioco forse, ma non di sicuro in termini economici e contrattuali.

La firma di Kevin Durant è apparsa ai meno esperti come qualcosa di surreale ma guardando i dati della franchigia possiamo vedere come le tre pietre angolari dei successi siano arrivate tramite il draft, con relativo contratto da rookie.

Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green infatti hanno visto i contratti aggiustarsi solo dopo diverso tempo. Nel 2016, all’arrivo di KD, Curry guadagnava ancora 12 milioni annui, ben lontani dai 48 di adesso che ne hanno fatto il giocatore più pagato di sempre.

Con ottime scelte al Draft gli Warriors hanno quindi potuto costruire una franchigia vincente, spendendo poco e permettendosi quindi di avere dello spazio salariale per firmare altri campioni.

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