Breve storia di Devin Booker

Sogni nel cassetto, viaggi e l’amore per la pallacanestro grazie a papà Melvin. Il numero 1 dei Suns si gode così il suo status di stella (e Kendall Jenner)

Devin Booker in maglia Suns

Mentalità da vincente, talento infinito, Devin Booker è sempre pronto a mettere in discussione il vociare degli addetti ai lavori e dei numerosi detrattori. All’interno della Lega ha il supporto di veterani come LeBron James e Chris Paul, che lo vedono come il volto su cui la Lega costruirà il suo futuro.

La sua casa è Phoenix e lui ha dimostrato amore e dedizione alla causa, anche quando i tempi erano duri non ha mai nascosto la sua voglia di vincere in Arizona, diventando il simbolo di una squadra che non ha una vera identità da quando è andato via Steve Nash.

I play-off erano solo un miraggio, un sogno come tanti cullati dal giovane classe 1996. Oggi con i suoi Suns, trascinati da un CP3 eterno e da un rinnovato DeAndre Ayton, può realizzare i suoi desideri più reconditi, incluso quello di diventare MVP della NBA in un futuro non troppo lontano.

Around The World

Devin Armani Booker (questo il suo nome completo) è figlio del mondo, un piccolo cosmopolita che ha accolto dentro di sé differenti etnie, dalle origini dei propri genitori ai viaggi fatti durante l’infanzia, prima di stabilirsi negli Stati Uniti, dove ha vissuto una vita nomade viaggiando di stato in stato per arricchire il suo bagaglio tecnico e culturale. I suoi genitori sono Veronica Gutierrez, di origine messicana-portoricana e Melvin Booker, afroamericano ammirato nei palazzetti italiani con le maglie di Milano e di Pesaro.

Nasce nel Michigan, ma con un padre giocatore qualche scappata oltreoceano non può mancare, così capita di saltare su un aereo per la Turchia, per la Russia e per l’Italia, per godersi l’ultimo anno da giocatore del papà. Il basket è stato sempre parte integrante della sua vita, ma la vera scintilla è scattata durante una partita dell’Armani Jeans, quando un 19enne che in campo aveva fatto ammattire gli avversari lo chiama nel post-partita per giocare un 1 vs 1.

Devin stava entrando nella fase più complicata della vita di un ragazzo: l’adolescenza. A soli 12 anni si ritrova davanti alla futura sesta scelta del Draft NBA 2008, attualmente compagno di squadra del Booker più grande. Questo ragazzo risponde al nome di Danilo Gallinari e con l’invito a confrontarsi in una sfida contro un professionista, accende la scintilla del piccolo DBook che da quel giorno non vedrà altra via se non quella di diventare un giocatore di pallacanestro.

Terminata l’edificante esperienza italiana e portatosi con sé le parole del futuro giocatore dei New York Knicks, Booker non si stacca più dal pallone a spicchi: guarda le partite, studia i giocatori e i loro movimenti, chiede al padre di migliorarlo, di spiegargli i segreti e di trattarlo come un professionista, perché è quello che vuole e ha bisogno di essere mentalmente preparato per ciò che gli spetterà negli anni di high school e college, prima dell’approdo in NBA.

Goodfellas

Ai tempi delle scuole medie svolte nel Michigan, Devin Booker stringe amicizia con i futuri NBA D’Angelo Russell e Tyler Ulis. All’inizio è prevalentemente un legame creatosi grazie alla pallacanestro, alle sfide affrontate sui parquet dei numerosi tornei nazionali creati per scoprire nuovi talenti da dare in pasto ai talent scout. Devin e Tyler sono cresciuti a due ore di macchina l’uno dall’altro, non ci sono giovani migliori di loro nella pallacanestro del Michigan e spesso si trovano a competere per la palma di numero 1 dello stato. Il figlio di Melvin però, dopo un anno di liceo trascorso a Grandville, decide di proseguire la sua istruzione e i suoi allenamenti seguendo le orme del padre, trasferendosi a Moss Point nel Mississippi.

Proprio sulle sponde del fiume diventa uno dei migliori prospetti partoriti dai licei a stelle e strisce. Partecipa ai campi estivi organizzati da Kevin Durant, LeBron James, Chris Paul e a quello della NBPA, in ognuno di questi spicca per il suo talento e la sua incredibile fame di vittoria, oltre che la voglia di migliorarsi e limare tutti gli aspetti del suo gioco. Il 31 Ottobre annuncia l’impegno preso con il college di Kentucky, ritenendo il gioco di coach Calipari affine alle sue aspettative e ai suoi obiettivi. Qui trova il vecchio amico Tyler Ulis e un ragazzo con cui legherà maggiormente fino a creare con lui un legame fraterno: Karl Anthony Towns.

In quel di Lexington non rimarrà più di una stagione, così come molti dei suoi compagni di squadra. Dopo 38 vittorie consecutive, Kentucky viene sconfitta da Wisconsin alle Final Four, rompendo i sogni di gloria di una squadra risultata pressoché imbattibile per oltre sei mesi ininterrotti. Devin si dichiara eleggibile per il Draft NBA 2015, i Phoenix Suns puntano su di lui con la scelta numero 13, dieci posizioni oltre i suoi due amici Towns (prima scelta assoluta per i Timberwolves) e Russell (seconda scelta assoluta per i Lakers).

Al Barclays Center, le tre matricole (che da quel giorno si faranno chiamare “The Goodfellas“, i bravi ragazzi come il film con Robert De Niro) stringono il loro patto di fratellanza, con la promessa che un giorno giocheranno tutti insieme nello stesso team.

Sulle orme di Kobe Bryant

Con la scelta numero 13…

Poco meno di 20 anni prima un altro giovanissimo faceva il suo ingresso nella NBA venendo chiamato con quel numero. Alcuni lo vedono come un segno della sfortuna, altri come sinonimo di grandezza da misurare col passare degli anni. A Los Angeles quel ragazzino vestiva la maglia numero 8 e aveva scritto “Bryant” sulle spalle, ha fatto le fortune della franchigia e oggi viene considerato uno dei più grandi giocatori ad aver mai calcato un parquet. Certo entrare nella leggenda non è per tutti, ma se sei cresciuto ammirando le sue gesta e hai avuto la fortuna di finire nelle sue grazie, non desideri altro che avvicinarti il più possibile alla sua grandezza.

Devin Booker si ispira a Kobe Bryant e ha reso la Mamba Mentality il suo mantra, perché è solo migliorando ogni giorno, lavorando e limando i propri difetti che si può aspirare a diventare il migliore di sempre. Oggi forse su Twitter, il Black Mamba direbbe a DBook di non fermarsi agli All-Star Game, ma di fare un passo oltre e diventare il trascinatore dei suoi Phoenix Suns; poi durante l’estate fissare l’asticella più in alto e pensare al titolo di MVP e così via, perché solo il cielo è il limite.

Diventato uno degli scorer più temibili del nuovo decennio, il numero 1 della squadra dell’Arizona ha già migliorato il suo livello e mostrato di che pasta è fatto, sebbene il contesto perdente non lo ha mai esaltato al cento per cento. Il 24 Marzo 2017 ha tracciato una linea, siglando 70 punti (decima prestazione all-time per punti in una singola partita) nella sconfitta contro i Boston Celtics, diventando il più giovane giocatore di sempre a riuscirci; solamente due anni dopo, è diventato il più giovane a segnare almeno 50 punti in partite consecutive.

In questa stagione ha abbassato i suoi numeri segnando meno e distribuendo meno assist, ma ciò non è legato ad un peggioramento nel suo gioco, poiché l’arrivo di Chris Paul lo ha deresponsabilizzato nella gestione del pallone e aiutato a prendersi tiri più intelligenti, arrivando a tirare con oltre il 50% dalla media distanza e quasi con il 40% da oltre l’arco, stabilendo implicitamente l’obiettivo di entrare nell’élite dei 50-40-90.

All-Star Game: odi et amo

Il classe 1996 ha un rapporto tutto suo con la manifestazione. Nel suo anno da matricola, il 2016, partecipa alla partita del Venerdì, quella che vede contrapposte il Team USA (di cui fa parte) e il Team World. Segna 23 punti con ottime percentuali (69% dal campo e 62% da tre), ma non parte titolare e nonostante la vittoria del suo team, non riesce a portarsi a casa la palma di migliore in campo. Il giorno successivo diventa il più giovane a partecipare alla gara del tiro da 3 punti, che lo vede perdere solo in finale a vantaggio degli Splash Brothers.

L’anno successivo prende parte alla gara delle giovani stelle, riformando il trio con KAT e DLo nel Team USA, ma il risultato non è quello sperato. Gioca una partita non all’altezza delle aspettative e ne esce sconfitto, così come deludente è la sua prova nello Skills Challenge del Sabato sera, dove viene eliminato al primo turno dal piccolo Isaiah Thomas.

Entrato nel suo terzo anno e migliorato sensibilmente le sue cifre, Booker sogna di ottenere la convocazione per la gara della Domenica, quella più ambita e quella che alza il tuo status di campione all’interno della Lega. Nonostante i quasi 25 punti di media, i troppi acciacchi non gli permettono di mettersi in mostra a dovere e deve accontentarsi di essere il protagonista nel three point contest. Contro il Klay Thompson che due anni prima gli aveva negato la gloria, Devin registra il record di punti segnati per una finale e con 28 punti alza il suo primo trofeo, di fronte ad uno Staples Center in visibilio per il talento di Grand Rapids.

Il 2019 è la miglior stagione disputata dal giocatore in maglia Suns, ma il pubblico e i media lo snobbano. Non bastano le partite consecutive da oltre 50 punti, non basta nemmeno raggiungere quasi 30 punti e 7 assist di media per farsi notare e addirittura sarà il suo migliore amico D’Angelo Russell a rimpiazzare l’infortunato Victor Oladipo nella sfida tra Team Giannis e Team LeBron. Il prodotto di Kentucky partecipa ancora una volta, questa da campione in carica, alla gara del tiro da tre, ma la testa è altrove e la sua corsa termina dopo il primo turno.

Lo status del numero 1 di Phoenix è innegabile, siamo di fronte ad una vera stella e non vederlo partecipare ad un All-Star Game è difficilmente comprensibile. Per lui il 2020 e il 2021 significano l’ennesima esclusione non solo dai titolari della partita, ma anche dai 12 che andranno a comporre la squadra. La Conference in cui milita ha pesci troppo grossi per escluderli e lasciargli il posto; inoltre quando lui spicca è la squadra a non essere all’altezza, mentre quest’anno, con la squadra seconda ad Ovest, i riflettori sono puntati sul “nuovo” go-to-guy Chris Paul.

Gli infortuni di Damian Lillard l’anno passato e quello più recente di Anthony Davis, gli consentono di diventare un due volte All-Star, ma per chi ambisce ad essere il migliore queste sono da considerarsi vittorie di Pirro.

Devin Booker sarà il futuro di questa Lega non appena questa si accorgerà del talento posseduto dal figlio di Melvin.

Noi ci auguriamo che questo accada al più presto.


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