Breve storia di Russell Westbrook

Triple doppie, partite da record e una passione incredibile per la palla a spicchi. Che lo si ami o lo si odi, Brodie è l’agonista per eccellenza

Russell Westbrook in maglia Wizards

Quando è passato da Houston a Washington lo hanno subito definito la rovina della squadra, colui che avrebbe condannato Bradley Beal ad un’eterna carriera di fallimenti se non avesse trovato il modo di fuggire dalla capitale. Russell si è lasciato scivolare le critiche e ha iniziato a performare come un MVP: sono arrivate le triple doppie, le vittorie e adesso sotto l’obelisco ci sono ampie possibilità di trovare un posto nel play-in, con l’obiettivo di arrivare a giocare i play-off e zittire tutti i detrattori.

Brodie è alla quarta stagione (delle ultime cinque disputate) in tripla doppia di media, rendendo questa statistica una formalità. Gli hater lo etichettano come eterno perdente perché ancora non ha un anello al dito, altri lo reputano uno statpadder per la propensione ad accumulare numeri fini a se stessi, pochi guardano oltre questo e si scordano in un flash che tipo di giocatore è stato ed è tutt’ora il numero 4 dei Washington Wizards.

Tutti conoscono le statistiche e i record del nostro protagonista, ma pochi sanno cosa ha alimentato il suo fuoco. Il titolo NBA è ancora un obiettivo, il premio di MVP è arrivato alla fine di una cavalcata straordinaria, però Russell Westbrook gioca per una causa ancora più nobile e noi vogliamo raccontarvi queste due storie.

In memoria di Khelcey Bars III

Russell fin da bambino ha il basket nel sangue e non vuole togliersi mai quel pallone dai polpastrelli. Vicino a lui vive un altro ragazzino, il cui nome è Khelcey e sembra nato per diventare una stella della palla a spicchi. I due crescono insieme, sono legati da un’amicizia indissolubile, più forte anche della competizione che nasce tra loro giorno dopo giorno, questo perché hanno una lista di sogni da far avverare e vogliono che questo accada rimanendo uno al fianco dell’altro.

I ragazzi crescono e se Westbrook risulta gracile e poco adatto al gioco fisico, al contrario Barrs è una forza della natura, a tratti onnipotente. La sua maturità, sia sui 28 metri sia nel contesto scolastico, è segno che sta nascendo un campione a 360°.

Nonostante la disparità di talento, Russ e Khel hanno in testa di approdare entrambi al college di UCLA, il più titolato e prestigioso della pallacanestro. Russell, vedendo l’amico crescere e migliorare, è certo che le loro strade di separeranno, c’è un abisso tra i due e difficilmente potranno giocare allo stesso livello. Lui non è dispiaciuto, anzi sarebbe contento per il suo migliore amico.

I progetti su di sé scemano: non è un talento cinque stelle del basket, la sua vera vocazione è quella di studiare e una borsa di studio per un college come Stanford è alla portata. Volesse continuare con questo sport, spazio nel quintetto della Ivy League lo troverebbe senz’altro, perciò il suo imminente futuro sembra già delineato.

Un giorno di Maggio del 2004, entrambi hanno la chance di dimostrare quanto valgono. Il loro allenatore li vuole al Los Angeles Southwest College, sede di un’importante manifestazione a cui partecipano anche atleti universitari.

É il momento perfetto per mettersi in mostra, la vetrina che aspettavano da tempo e, come previsto, non perdono l’occasione di regalare momenti di onnipotenza cestistica ai pochi fortunati presenti in quei giorni. A catturare la scena è Khelcey Barrs, autore di una serie di prestazioni fuori dall’immaginazione.

La loro squadra vince tutte le partite e i ragazzi sugli spalti chiedono a gran voce di poter fare alcuni tiri con entrambi, un privilegio visto quello che hanno combinato i due sul campo; perciò, finita una delle gare, mentre Russell Westbrook preferisce riposarsi, perché sfiancato dalla serie interminabile di partite, Khelcey si trattiene qualche minuto in più con i fans.

In quel preciso istante la vita di RW cambia radicalmente: accingendosi verso l’uscita del campo, vede l’amico accasciarsi al tappeto con le mani al petto, cercando in ogni modo di chiedere aiuto e placare il dolore che sta sentendo nella zona del cuore. In quella che appare un’infinità di tempo, ma che purtroppo rappresenta pochi istanti, la luce del povero Khelcey Bars si spegne.

Viene trasportato in ospedale, ma è già deceduto nel momento in cui il suo corpo ha toccato il suolo. L’autopsia rivelerà una cardiomegalia, un ingrossamento del cuore dovuto ad un enorme sforzo o più propriamente ad una forma genetica ereditaria.

Da quel giorno, nella testa del giovane Westbrook cambia tutto. Scatta la scintilla dentro il futuro MVP della NBA e spinto da quell’enorme sentimento verso il suo migliore amico, si pone un unico obiettivo: diventare il più forte di sempre.

Twenty, Twenty, Twenty-One

Il giorno è il 2 Aprile, ma la testa è rimasta a due giorni prima. Un altro amico, un’altra tragica storia. Il 31 Marzo 2019, il rapper e attivista americano Nipsey Hussle viene assassinato. Il corpo rimane esanime nel parcheggio di fronte al negozio “Marathon Clothing”, di proprietà dello stesso artista losangelino, trafitto da almeno dieci colpi di pistola.

Nipsey era diventato amico di Russell, entrambi condividevano la passione per la musica, ma soprattutto l’interesse per la comunità e per quei ragazzi che faticavano a trovare un futuro diverso da quello che riservava la strada: spaccio, delinquenza e altri pericoli in cui un adolescente lasciato allo sbando può incappare.

I due si scambiavano idee, spesso capitava che Russ lo invitasse a vedere una gara dei Thunder, inoltre avevano lavorato insieme ad un progetto per la “Why Not? Foundation”, l’ente benefico creato proprio dalla point guard degli Wizards.

La morte di Khelcey Bars già aveva dato a Russell una voglia di rivalsa, vendicarsi di quel destino che aveva deciso di togliere la vita al suo migliore amico, un ragazzo giovane e con un futuro roseo davanti. Da quel momento in lui scattò qualcosa. Come spesso ha confessato ai microfoni, quel suo modo di andare al doppio della velocità è dovuto all’anima di Khelcey che vive dentro di lui, che gli da la spinta necessaria per non mollare e giocare come se posseduto da due corpi.

Quindici anni dopo, un altro colpo inferto ai danni del povero Westbrook: la morte del rapper con cui aveva intenzione di migliorare le condizioni di vita dei ragazzi di strada, lo aveva sconvolto per l’ennesima volta.

Torniamo al 2 Aprile 2019, Westbrook e i suoi OKC ospitano i Lakers senza LeBron infortunato e con i play-off ormai fuori portata. Brodie però ha la morte di Nipsey Hussle da vendicare, non esiste gara in cui lui non debba dare il 110%, mostrarsi debole e sottotono non sarebbe d’aiuto alla squadra e non onorerebbe la scomparsa dell’amico. Non appena le sue Jordan hanno lasciato impronte sul parquet, Russ si è trasformato nel mostro che terrorizza le squadre avversarie.

La foga con cui prende i tiri e con cui ha intenzione di portare a casa il risultato è fuori dal normale: ad ogni errore cattura un rimbalzo, se vede il compagno libero lo serve, se il canestro è a portata schiaccia o infila i difensori e segna. Non esiste mezzo per fermarlo, Russell Westbrook non può essere limitato, non quella sera. Oklahoma City demolisce i Los Angeles Lakers e l’MVP della partita non può che essere lui.

Il tabellino recita 20 punti, 20 rimbalzi e 21 assist, Westbrook ha giocato ancora come se nel suo corpo ci fosse un’altra persona oltre a lui. Quella sera ha giocato con due angeli custodi al suo fianco, due angeli che gli hanno regalato un paio di ali e lo hanno elevato oltre l’umana possibilità.

Un cuore spezzato è sempre difficile da rimarginare, se i pezzi sono molti, trovarli e rimetterli insieme è una missione quasi impossibile. Russell Westbrook (dalla partita del 09/05/21 contro i Pacers occupa la prima posizione nella classifica all-time per triple doppie) può essere amato e può essere odiato, può piacere e può non piacere, ma il suo è il cuore di un guerriero e sul campo non lo vedrete mai essere il primo ad arrendersi.

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