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Breve storia di Trae Young

Ai suoi primi play-off in carriera ha trascinato Atlanta alle Eastern Conference Finals. Ice Trae è pronto a far spiccare il volo agli Hawks

Il ruolo di antagonista se lo era ritagliato già la notte del Draft, dove lui e Luka Doncic erano stati etichettati come giocatori generazionali. Lo sloveno con quella faccia da bambino e il capello biondo non poteva che interpretare il protagonista, mentre la point guard degli Atlanta Hawks spettava la parte del cattivo.

Tutto sensato, un chiaro segnale di come la NBA avesse già individuato a chi affidare il proprio futuro. Tre anni e quasi tre Draft dopo, rieccoci qui di fronte al più grande villain che la Lega abbia sfornato negli ultimi dieci anni (almeno).

Gli sputi e gli insulti al Madison Square Garden, la derisione e le minacce dei tifosi al Wells Fargo Center e oggi le urla del Fiserv Forum. Cos’hanno in comune? Il momento in cui la sirena segna la fine della partita e Ice Trae alza le braccia al cielo trionfante. Ebbene sì, perché i Knicks sono stati sistemati in cinque gare appena nonostante i favori del pronostico; i 76ers hanno buttato via tre partite casalinghe e dilapidato vantaggi incolmabili per poi uscire al termine di gara-7.

Milwaukee si ricorderà bene di questo ragazzo, perché con 48 punti, 7 rimbalzi e 11 assist ha portato a casa la prima gara della serie con i Bucks. Stando a quello che si è visto in campo, Young telecomanda l’andamento del gioco a suo piacimento trasformandola da underdog a squadra da battere nella Eastern Conference.

From Lubbock, Texas: “The Villain” Trae Young

How it’s started…

Non ce la farai mai ragazzino, cambia sport o altrimenti ti spezzeranno le ossa

Quante volte avrà sentito questa frase Trae Young nella sua giovane vita prima di diventare un All-Star? Non meno di cento volte, visto che le squadre di basket della scuola non volevano averlo tra i piedi e lo stesso discorso valeva con i ragazzini del quartiere, decisamente contrari a giocare con un bambino così piccolo da dover stare attenti al minimo contatto per evitare di fargli del male.

Al piccolo Trae non importa un accidente di ciò che pensano gli altri, lui vuole giocare a pallacanestro; è fuori discussioni il fatto che sia più piccolo rispetto ai suoi coetanei, ma i suoi occhi sono tutti per giocatori come Steve Nash, veri e propri maghi della palla a spicchi senza una muscolatura possente e senza quell’altezza tipica che contraddistingue le stelle della NBA.

Nell’ultimo periodo ha notato un playmaker davvero esile in grado di far sparire il pallone e di lanciarlo da distanze siderali con una efficacia mai vista prima. Il profilo è quello di Steph Curry, da poche stagioni alla corte dei Golden State Warriors, figlio dell’ex-Hornets Dell Curry. Al Draft del 2009, a causa del suo fisico e di una caviglia un po’ preoccupante era sceso da una possibile top 3 alla numero 7, nonostante al college avesse mostrato numeri mai visti prima. Young è stregato dal numero 30 ed è convinto che seguendo le sue orme anche lui potrà diventare un giocatore della NBA.

Si allena tutte le mattine all’alba con papà Rayford, ex giocatore dei Texas Tech Raiders al college e con una carriera tra i professionisti in Europa. Quando Ray dice al figlio di non ostinarsi troppo perché i numeri per giocare nella squadra del liceo li ha, la sua risposta è da uomo in missione

Chi vuole giocare per una squadra del liceo? Io mi sveglio all’alba per giocare in NBA

É lui a svegliare il padre, lui a decidere gli allenamenti che consistono in almeno duecento tiri per migliorare meccanica e rilascio, lui a dire quando è il momento di fare una pausa e quando di smettere. La determinazione con cui affronta queste semplici sessioni nel cortile di casa è straordinaria: dentro ad ogni tiro, ogni errore e ogni canestro è racchiusa la voglia di un piccolo Trae Young di diventare un campione e zittire chi lo ha sempre visto solo come un ragazzo troppo magro per questo sport.

Fino al suo primo anno di scuole superiori, Trae ancora non ha mai giocato per una squadra d’istituto, questo non gli fa perdere le speranze e lo fa focalizzare maggiormente sui suoi difetti che migliora di giorno in giorno assieme a papà Rayford. All’inizio dell’anno da sophomore Young indossa la divisa di Norman North, il liceo di cui fa parte e segna una media di 25 punti, 4 rimbalzi e 5 assist per partita, vincendo il titolo della contea e facendosi selezionare come Oklahoma’s Sophomore of the Year nel 2015.

Migliora esponenzialmente di anno in anno finendo sui taccuini degli scout: nell’anno da junior segna 34.2 punti ad allacciata di scarpa conditi da 4.6 rimbalzi e 4.6 assist portando il proprio team a registrare un record stagionale di 28 vittorie e 4 sconfitte e vincere il titolo regionale. Il suo ultimo anno di scuola superiore si chiude con una media di 42.6 punti, 5.8 rimbalzi e 4.1 assist tirando con il 48.9%.

L’aereo è pronto al decollo, il ragazzino che fino a pochi anni prima sembrava poter vedere il campo da basket solamente in televisione era appena diventato una star dello stato dell’Oklahoma. I siti più importanti di recruiting lo considerano la seconda miglior point guard del 2017 e lui, il 16 Febbraio dello stesso anno firma la lettera di intenti con il college di Oklahoma, diventando il secondo talento cinque stelle, dal 2010, a firmare per i Sooners.

…how it’s going

La somiglianza con l’idolo Stephen Curry si rende sempre più visibile di partita in partita. Trae diventa un vero e proprio cecchino dal range di tiro illimitato, saprebbe tirare con sicurezza anche da centrocampo centrando il canestro con facilità disarmante. Ci sono ancora molti dubbi sul suo gioco e sul suo fisico.

L’approdo in NBA è scontato, ma l’ago della bilancia oscilla tra fenomeno e bust, la gente è pronta ad affibbiargli l’etichetta di fake in grado di mostrarsi abile solo nel campionato collegiale, ma con il salto nel mondo dei grandi la storia avrebbe tutt’altro epilogo. Nonostante la sua difesa venga considerata soft, per LeBron James e per il numero 30 dei Golden State Warriors l’idea è che la Lega l’anno seguente avrebbe goduto del privilegio di avere a corte Trae Young, il nuovo fenomeno della pallacanestro mondiale.

Questo endorsement viene testimoniato ancor di più dalle prestazioni e dai numeri messi in fila dal classe 1998: record di assist in una partita di college (22, poi superato nel 2019); career high con 43 punti segnati nella sfida contro TCU e ritoccato qualche settimana dopo con 48 nel derby perso contro Oklahoma State. La sua stagione da freshman si conclude con 874 punti totali segnati (27.4 a partita) e 271 assist distribuiti (8.7 a partita), diventando il primo giocatore di sempre a guidare l’intera NCAA in entrambe le statistiche e chiudendo con il premio di Big 12 Freshman of the Year.

Con queste premesse Young si posiziona dietro Deandre Ayton e Marvin Bagley III nelle future scelte del Draft NBA 2018.

Il 21 Giugno 2018 i Dallas Mavericks lo scelgono con la numero 5, ma lo hanno già scambiato con la scelta numero 3 degli Atlanta Hawks, tale Luka Doncic.

Il 1° Luglio seguente firma ufficialmente un contratto con la franchigia della Georgia, sebbene la scelta dei Mavs sia legata all’idea di costruire un roster a maggioranza europea intorno al fenomeno sloveno più che una bocciatura nei confronti di Young, il nativo di Lubbock (Texas, non a caso) non la prende benissimo e lancia un segnale verso i suoi detrattori promettendo di diventare il giocatore più influente della prossima generazione di talenti.

Ice Trae prende in mano gli Atlanta Hawks, il record al termine della prima stagione non è edificante, ma il playmaker viene inserito all’unanimità nell’All-Rookie First Team e arriva secondo proprio dietro a Luka Doncic nella classifica per la miglior matricola dell’anno. Viene eletto giocatore della settimana (18-24 Marzo) e vince quattro mesi su cinque il titolo di rookie del mese.

Il suo anno da sophomore, complice anche l’interruzione causa Covid-19, non può considerarsi di alto livello per molti il giudizio è che Trae si sia dedicato più a collezionare statistiche che a migliorare il proprio gioco. Etichettare un giocatore è più semplice rispetto ad avere pazienza per vedergli tirare fuori il meglio di sé; certamente da una quinta scelta al Draft ci si aspetta leadership, carisma e la voglia di portare la propria squadra ai play-off. I tifosi vogliono vedere la determinazione e la spinta che Young aveva quando si allenava nel cortile di casa, si svegliava all’alba e sognava di diventare un campione.

La point guard è baciata dal talento, ma per la giuria, quel talento è fine a se stesso e mal utilizzato. Trae Young non potrà mai essere un giocatore franchigia capace di trascinare un intero gruppo al prossimo livello.

Adoro giocare in trasferta, siamo noi da soli contro tutti. Grazie a questo il gruppo diventa più unito.

Due vittorie al Madison Square Garden di New York e serie chiusa un po’ a sorpresa sul 4-1 contro i Knicks nella sfida tra quarta e quinta della classe. Trae termina con 29.2 punti e 9.8 assist di media a partita. Nella Grande Mela lo fischiano, gli lanciano sputi e lo insultano, lui risponde in gara-1 zittendo la platea e in gara-5, quella decisiva, con un inchino; come ogni attore che si rispetti è giusto ringraziare per lo spettacolo appena visto, in questo caso “The Villain Show”, perché Trae è un autentico cattivo in questa storia.

There’s no remedy against me

Non esiste rimedio contro di me

La squadra vola a Philadelphia per affrontare i 76ers e l’eterno Process, quest’anno favorito per l’approdo alle finali di Conference, baciato dalla sorte (e dal miglior record di Est) con un tabellone apparentemente più semplice. Dopo essersi sbarazzati dei Washington Wizards anche loro in appena cinque gare, il team guidato da Simmons ed Embiid è pronto a masticare e sputare Young e soci.

Non sembra essere dello stesso avviso il numero 11 in maglia Hawks e gara-1, ancora una volta tra le mura nemiche, diventa territorio franco. Atlanta terminerà la serie trionfando in sette partite, tre delle quali vinte proprio in Pennsylvania. Qui Trae alza ancora una volta l’asticella e sebbene le percentuali si abbassino, è chiaro che emotivamente sia padrone del campo, annichilendo psicologicamente la squadra di Rivers e abbattendo definitivamente la speranza chiama processo.

Siamo giunti alle Finali di Conference, nemmeno nelle più rosee previsioni ci saremmo aspettati un epilogo simile. Avevamo pensato tutti a Doncic come primo di quella classe a portare con il proprio talento ed i propri mezzi i Mavericks alle finali di Ovest o addirittura alle tanto agognate Finals.

Non è stato così, dei due Trae Young ha piantato in anticipo la bandiera e conquistato quel territorio inesplorato. La stella degli Atlanta Hawks ha segnato 48 punti e smazzato 11 assist (aggiungendoci 7 rimbalzi, se non fosse bastato il resto) nel suo debutto in una finale di Est; ha vinto gara-1 ancora fuori dalla Georgia, lasciando increduli Giannis e tutto il Wisconsin.

Ha lanciato un pallone sul tabellone per Collins creando uno spettacolare alley-oop; ha fatto saltare le caviglie di Jrue Holiday, ha fermato il tempo, si è scrollato le spalle e ha insaccato l’ennesima tripla della sua post-season.

Trae ha innegabilmente spento ogni critica, ha spazzato via ogni incertezza e rispedito al mittente ogni accusa o tentativo di definirlo un pallone gonfiato. Prendere o lasciare siamo di fronte ad un ragazzo che sta definendo e definirà le prossime generazioni, oggi come mai prima d’ora un giovane 22enne sta tentando di trainare da leader la propria squadra al titolo NBA.

Non dovesse riuscire nell’impresa quest’anno siamo sicuri che in futuro l’occasione si ripresenterà e quando il sipario calerà sul resto della Lega, dalla bocca della point guard con la maglia numero 11 uscirà una sola frase:

That’s all folks!

É tutto gente!

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